"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

mercoledì 8 giugno 2011

SCARPE DA SOGNO


Scarpe da sogno



Giampaolo era un appassionato di calcio.Non un tifoso appassionato,un giocatore.Un giocatore di calcio appassionato di questo sport.

Gli piaceva tanto che rinunciava alle ragazze,alla discoteca,ai divertimenti con gli amici,allo studio.Erano tutte cose che gli piacevano ma correre dietro ad una palla e prenderla a calci era la passione della sua vita.

La sentiva dentro di se.

La sentiva scorrere come l'acqua di un torrente che scende a valle.

La sentiva come una vampata di calore che piacevolmente investiva il suo corpo dalla testa ai piedi.

Proprio fino alla punta.

E quei piedi erano gli strumenti che utilizzava per coltivare e vivere la sua passione.

Certo anche l'allenamento era importante.Senza quello anche un fuoriclasse combinava poco durante una gara.

Si allenava tre volte la settimana e la domenica c'era la partita.

Solo Giampaolo sapeva quanto ci tenesse ad entrare nello spogliatoio a prepararsi accuratamente e giocare.

Particolare cura riservava alle sue scarpe da gioco.Le sceglieva sempre con estrema attenzione.

Dovevano essere di pelle,materiale che garantiva morbidezza,flessibilità e sensibilità al tocco di palla.

Già, sensibilità; perché Giampaolo aveva veramente un bel tocco;così si dice di un calciatore che calcia la palla come se stesse accarezzando i capelli o il volto di una donna.

Per mantenerle morbide usava grasso di foca con il quale le ricopriva per difenderle dal fango e dall'acqua che spesso,d'inverno,trovava sui campi di gioco.

Un giorno,mentre si stava dedicando a questa operazione di cura delle sue scarpe,si accorse di come le stava trattando.

Gli sembrò di esserne innamorato tanta era la delicatezza che stava ad esse riservando.

Infilò una mano dentro una scarpa e se la girò sopra e sotto,poi toccò all'altra.Per ognuna lo stesso dolce,leggero,amorevole trattamento.

Le osservava in ogni cucitura,in ogni graffio,ne controllava i lacci,che non fossero usurati;gli occhielli, all'interno dei quali erano infilati.

Queste operazioni cessavano quando il suo sguardo si fermava su una scritta rossa posizionata sotto tre righe simmetriche in posizione obliqua,"Adidas Santiago".

Si chiamavano così.Due gemelle con lo stesso nome.

Tutte le volte che lo leggeva, mentre le accudiva, Giampaolo sognava. Sognava di essere su un campo di calcio e con le sue scarpe e i suoi piedi dal tocco sensibile faceva cose che nemmeno ai grandi campioni riuscivano.

La sinistra era quella alla quale era affidato il compito più importante, calciare la palla.

La destra era quella,come dire, di servizio;era utilizzata quasi esclusivamente per assicurare comfort al piede che sosteneva tutto il peso di Giampaolo al momento del tiro.Lavoro faticoso,si, ma ugualmente indispensabile.

Quando tornava alla realtà Giampaolo riprendeva a curare le sue scarpe.controllava che tutto fosse a posto e le riponeva su uno scaffale.

Ogni domenica ,per mesi si consumava lo stesso rito.Le dita che fanno scorrere la cerniera per aprire la borsa,togliere la divisa e le scarpe e sistemare tutto su una panca.

Indossare la maglia e i pantaloncini,sistemare i parastinchi ed infilarsi le calze.

E finalmente calzare le scarpe.Come tutte le domeniche,Giampaolo cercava di tramutare in realtà i sogni che faceva tutte le volte che curava le due gemelle.

Mancava poco al fischio d'inizio,tra pochi attimi le "Santiago" avrebbero fuso i sogni con la realtà, non importava quanto questi due opposti si sarebbero somigliati.

Quel che contava era essere lì, su un prato e correre dietro ad una palla e cercare di colpirla.

Il sogno diventava,fatica,sudore ,gioia o delusione.Giampaolo lo stava vivendo davvero e tutto intorno a lui era luce e colore per novanta minuti,con le sue inseparabili scarpe.




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