"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

mercoledì 29 giugno 2011

CARNE E SANGUE di Michael Cunningham


Michael Cunningham , nato in Ohio nel 1952 e vissuto in California, è noto per avere scritto “Le Ore”, da cui è stato tratto il film nel 2002 ,con Nicole Kidman,Meryl Streep e Julianne Moore.
Del 2002 è anche il suo romanzo, meno noto ma comunque intenso e bellissimo, “Carne e sangue – una famiglia americana, dal 1935 al 2035”.
Saga familiare, in cui si vive la storia cruda e fragile della famiglia Stassos, la fatica e il desiderio di vivere in una famiglia con uno status sociale “alto”, dei loro cento anni nel suolo americano.
Si narra la vita del capostipite di origine greca Costantine, che fa fortuna passando da manovale ad imprenditore edile, e di sua moglie Mary, algida e debole creatura di origine italiana, dei loro figli Susan, Billy e Zoe e di tutte le loro vicissitudini per tentare di avere una vita serena in una sorta di precario equilibrio. Seguiamo con interesse la bella e responsabile Susan, il figlio “scomodo” e solo apparentemente fragile Billy e Zoe, la figlia più piccola e più sensibile. Il libro è composto dall’alternarsi di brevi e lunghi capitoli il cui titolo è un anno, un anno significativo di crescita e scoperta per uno dei protagonisti appartenenti alla famiglia e non: si comincia con il 1935 (l’infanzia povera di Costantine) e si termina con un ultimo breve capitolo nel 2035, quando una conversazione della nuova generazione fa capire che comunque l’amore famigliare, anche se con difficoltà, riesce a sopravvivere. Siamo tra i loro pensieri e possiamo intuire attraverso il racconto di come la famiglia si stia rompendo, modificando e infine aprendo a nuove alleanze. Leggiamo la loro vita difficile, “la carne e il sangue”, le passioni forti, la loro fatica per essere accettati, riconosciuti, amati.
Fin dalle prime pagine il lettore viene catturato dalla scrittura sensibile e ipnotica di Cunningham, che scava nei suoi personaggi rendendoceli così veri nelle loro inquietudini e paure, nelle loro fugaci gioie e solidi dolori, che leggendo “noi siamo con loro”, vicini alle loro vite, senza commenti e giudizi e quando ce ne stacchiamo ne sentiamo la mancanza. Pochi scrittori come lui hanno la sensibilità e la bravura di trasmetterci tutto questo

Tratto da Le Beatrici di Stefano Benni

Lui - Dove sono gli occhi tuoi neri,
e il profilo tuo da Dea,
mi consumo nell'idea,
di poterli riveder.

Lei - Sono azzurri ora i miei occhi,
poiché ho le lenti a contatto,
ed il naso l'ho rifatto,
deh riconoscimi o mio amor.

Lui - Piû non vedo la tua bocca
piccolo biocciolo di rosa
che baciavo voluttuosa.
E il tuo virginale seno
che tenevo in una mano
or mi sembra assai più grande
quattro volte crebbe almeno.

Lei - Oh mi turba quel ricordo
ma son io sempre la stessa
la mia bocca è un po' più grossa
ed il seno mio trabocca.
Mi cambiò il silicone
ma non cambiò mai la mia passione.

[cantano] Oh, il nostro amor non invecchierà [mai
e insieme a lui non invecchieremo noi
anche se non so più chi sono
e non so più chi tu sei.

Lei - Il to cuore batte in petto,
del tuo ardore sento il suono
ma non riconosco il tocco
della tua virile mano.

Lui - Il mio cuore vecchio e stanco
subì un abile trapianto
e la mano non è mia
è sintetica, è una protesi.
Fu recisa in un duello
nel giardin di Fontainebleau
un chirurgo la riattaccò.

Lei - Oh destino sciagurato
così tanto ci ha cambiato.
Aspettando in speme e pianto
anch'io subii un trapianto
e cambiai tre volte sesso,
ma il mio amore per te è lo stesso.

Lui - Oh destino sciagurato
così tanto ci ha mutato.
Più nasconderlo non posso
ti dirò la verità.
Il tuo amore no, non sono
Il tuo amor morì soldato
ma una goccia del suo sangue
fu clonata ed io son nato
copia esatta e replicante
del tuo antico dolce amante.
E l'amor restò uguale
non respingermi anche se
io non son l'originale.

Lei - Questa verità segreta
il mio cuore indora e allieta
Neanch'io son la tua amata
ma una copia assai riuscita.
Lei la tisi consumò
io polmoni non ne ho.
O mio ben fai ciò che vuoi
con i materiali miei.
Il mio cuore tuo sarà
ai voleri tuoi mi arrendo
io ti giuro fedeltà
ecco il mio telecomando.

[insieme] il nostro amor non invecchierà mai
e insieme a lui non invecchieremo noi.

[lei inizia a perdere la voce, come se le si scaricasse la pila, come un disco a trentatré giri]

Lui - Mimì... Violetta [al pubblico] la pila non le lascia... che poche ore...

Lei - Amore... muoio... mi scarico... maledetti!
Povera vita mia,
ero ancora in garanzia.

Se mi chiamassi (Pedro Salinas)

Se mi chiamassi, sì,
se mi chiamassi.
Io lascerei tutto,
tutto io getterei:
i prezzi, i cataloghi,
l’azzurro dell’oceano sulle carte,
i giorni e le loro notti,
i telegrammi vecchi
ed un amore.
Tu, che non sei il mio amore,
se mi chiamassi!
E ancora attendo la tua voce:
giù per i telescopi,
dalla stella,
attraverso specchi e gallerie
ed anni bisestili può venire.
Non so da dove.
Dal prodigio, sempre.
Perché se tu mi chiami
- se mi chiamassi, sì, se mi chiamassi -
sarà da un miracolo,
ignoto, senza vederlo.
Mai dalle labbra che ti bacio,
mai dalla voce che dice:
“Non te ne andare”.


Le mille e una poesia di ArKaVaReZ

La poesia oggi giorno sembra una cosa insulsa, lo credevo anchio... e mi spagliavo...
Con poche parole si può raccontare una vita intera..


Sotto le stelle
Nell'oscurità della notte
la luce fugge lontana,
come una cometa 


(è come una persona sincera, in mezzo a tanti bugiardi. Disgustata, scompare all'istante)

Una pepita d'oro
Come l'avorio dell'elefante,
la sua bellezza fa sognare,
e acceca il nostro cuore.


(siamo volubili davanti alle cose belle, e avvolte ci rendono stupidi)

....
Soffia la bora,
dal cielo innevato,
ma il falco vola ancora. 

 
(Nessun nome, non si può commentare la natura, lei sa sempre quello che vuole 
e fa la cosa più naturale. Cerca.... Come noi tutti)

Ombra
eterna compagna,
dalla luce fuggi,
e da dietro mi segui. 


(Vogliamo essere buoni ma non lo siamo, vogliamo diventare cattivi 
e in fondo al cuore ci scopriamo buoni)



ArKaVaReZ

lunedì 27 giugno 2011

C'e' Londra tra noi

Ce lo dicemmo dall'inizio della quinta io e la Raffy.."dopo la maturità 10 giorni a Londra"!
E così fu.
Io e la Raffy amiche da sempre, da quando con il grembiule bianco e il fiocco rosa al collo ci siamo guardate negli occhi, timide, e ci siamo piaciute.
Eravamo in prima elementare, lei bionda con gli occhi verdi e la carnagione quasi trasparente ed io tutta scura occhi e capelli,  solamente la pelle chiara.
E poi da lì sempre insieme, medie e poi alle superiori, sempre con quella strana competizione dentr
o, sono più brava io, no sei più brava tu, ma perché?No sono sempre meglio io.
Forse quel viaggio adesso mi sembra una forzatura, nel senso che negli ultimi due anni ci eravamo perse, dai 17 anni io continuavo ad essere sempre normale  almeno esteriormente, lei  sempre più strana , anche esteriormente.
Io avevo detto addio a tutti quelli della compagnia, della nostra compagnia o forse più della sua, quelli della Via Zumbini.
Fumare e fumare e basta.Sigarette o canne ma fumare e basta.Non ne potevo più avevo voglia di altro e così un giorno ho detto “ciao” a Juri, quello che per tutti era il leader, “ciao” anche  a tutti  quelli con cui stavo bene.E' stata dura ma ce l’ho fatta.
E poi nonostante fossi carina non c’era nessuno che mi faceva innamorare, mi corteggiavano solo per cercare il contatto carnale, che certamente volevo anch’io, ma non mi piaceva la loro proposta.
La Raffy no, lei era rimasta in mezzo a loro, si era messa con Augusto che si faceva di eroina e usciva  con la Sara che si faceva scopare da tutti. Se mia madre avesse saputo tutto questo..la Raffy per lei era sempre la mia amica quella brava, dolce, che riusciva in tutto e anche a scuola.
Non se la sarebbe mai immaginata con i capelli nero corvino corti, a spazzola i denti bianchissimi e le spille da balia dappertutto.
Chi mai l'avrebbe detto che una tipa così era la migliore della classe ?
La prof. di italiano leggeva sempre i suoi temi perchè diceva che ci faceva bene ascoltare.
Finalmente superammo la maturità, lei brillante, io senza studiare, meno brillante ma dignitosamente e  nel settembre dell'81 prendemmo l’aereo da Linate per Londra.
C'era anche la Francesca,  quando l'ho vista sinceramente mi ha fatto l’ impressione  di una tipa con poche idee ma chiare.
Decisamente antipatica, non mi vedeva, forse mi aveva salutato all'inizio, appena la Raffy ci aveva presentato, e poi ero scomparsa dal suo campo visivo.
Avrà pensato che non avevo alcuna personalità,  e poi  vestita con un jeans, una maglietta e un golfino le davo certamente una noia infinita.
Ricordo, in quel contesto di essermi sentita fragile, un  bicchiere di cristallo, un urto anche lieve ed ero in mille pezzetti.
Rivolevo la mia amica, quella della prima sigaretta al parco di Porta Venezia, delle michette divise a metà, delle foto vestite da cantanti rock, delle risate improvvise e dei compiti un po’ veri e un po’ falsi di tutti i giorni.
Arrivate a Londra, trovammo una stanza in un ostello, per me che ero una cresciuta nella bambagia, dove mi era stato risparmiato tutto quello che poteva lievemente darmi fastidio, era un posto infernale, con scarafaggi che correvano sotto i tappeti, vetri rotti, puzza e incontri inquietanti sulle scale.
Subivo tutto, d'altronde mi ero affidata a loro, e a loro andava bene così.
Ma tanto dopo 1 giorno di permanenza, arrivò un taxi e se le portò via, destinazione Manchester.
Raffy mi disse che voleva trovare un lavoro e che per lei non era una vera e propria vacanza ma un'esperienza che voleva vivere; si ma dirmelo prima no? Darmi la possibilità di organizzarmi diversamente? Se non fossi stata io ma una persona normale, penso che una cosa così se la sarebbe legata al dito per sempre.
Mentre il taxi andava via e io ferma sul marciapiede con un espressione delusa, Raffy si era girata e mi guardava dal finestrino, con la mano mi salutava, come se non fosse successo nulla , ma con lo sguardo mi chiedeva scusa.
Rimasi sola a Londra e andai ad abitare per i successivi 15 giorni da un amico di mio padre, sposato con una figlia.
Uscivo dalla quella casa  al mattino, cercando di mangiare il più possibile, perché tutto il cibo a Londra mi faceva schifo, pure quello che cucinavano in casa, sembravo una bimbetta della scuola elementare.
Tornavo la sera.
Quando tornavo con il pulmann avevo paura, c'erano sempre dei tipi che mi guardavano e poi si parlavano tra loro.Non volevo finire nel Times stuprata.
Quando ripenso a quei giorni, mi dico che avrei dovuto cancellare la Raffy dal mio cuore, dagli affetti della mia adolescenza.
Non ci sono mai riuscita perchè le volevo così  bene che l'ho perdonata, e lei ancora oggi è una cara amica.
E poi in fondo imbranata com'ero sempre in giro con il ragazzo (perché a 18 anni uno l’ho incontrato e mi è piaciuto) con gli amici o con i genitori ho dovuto improvvisamente contare solo su me stessa, prendere le cartine, scegliere dove andare e cosa visitare.
Parlare il mio inglese, che più basico non si poteva, e accorgersi che sapevo gestirmi da sola.
Una sera l'amico di mio padre mi portò in un locale dove suonavano jazz e c'era un cantante che era un suo amico, un uomo bellissimo.
Mi sentivo totalmente  inadeguata in quel posto ma ero curiosa.
Capivo che c'era un mondo a me sconosciuto, un mondo di adulti, di relazioni che avrei vissuto anch'io e speravo anche presto.
E' stato un viaggio diverso da quello che mi ero immaginata, ma che un pò mi aveva cambiata.
Allora non l’avevo mai pensato, ma adesso dopo tanti anni mi dico che la Raffy mi aveva dato più di un’opportunità, in fondo avrei potuto aggregarmi a loro e vivere in Inghilterra come lei per un po’.
Ho preferito continuare da sola e ho capito che in fondo  si vive e si continua da soli, nonostante tutto quello che succede e succederà intorno a noi.


domenica 26 giugno 2011

Omicidio in Amazzonia : appello generale

La foresta amazzonica è a rischio. Il Congresso brasiliano ha seriamente indebolito le leggi che proteggono le foreste e i coraggiosi attivisti brasiliani sono stati ammazzati per essersi opposti al progetto. E' arrivato il momento per noi d'intervenire e di fare di questa una battaglia globale: se tutti noi chiederemo alla Presidente Dilma di mettere il suo veto alla legge, potremmo salvare l'Amazzonia! L'Amazzonia è in serio pericolo: una delle due camere del Congresso del Brasile ha deciso di cestinare le leggi che oggi proteggono la foresta. Se non agiremo immediatamente la gran parte del polmone verde del nostro pianeta potrebbe essere distrutta. La decisione ha scatenato un' indignazione diffusa e manifestazioni in tutto il paese. E la tensione sta crescendo: nelle ultime settimane molti ambientalisti sono stati uccisi, probabilmente da criminali commissionati dai latifondisti che disboscano illegalmente le foreste. Il tempo stringe, e ora stanno cercando di mettere a tacere ogni opposizione proprio mentre la legge è in discussione al Senato. Ma la Presidente Dilma può mettere il proprio veto, se solo riusciremo a convincerla che deve respingere le pressioni politiche nel paese e mostrarsi invece una leader a livello mondiale. Il 79% dei brasiliani è in favore del veto di Dilma contro la modifica delle leggi che proteggono le foreste, ma le loro voci si scontrano con quelle della lobby dei latifondisti. Ora sta a noi alzare la posta e fare della protezione dell'Amazzonia una battaglia globale. Uniamoci in un appello enorme per fermare gli omicidi e la deforestazione illegale, e soprattutto per salvare l'Amazzonia. Firma la petizione sotto - sarà consegnata a Dilma non appena riceveremo 500.000 firme: http://www.avaaz.org/it/save_the_amazon/?vl Tutti noi amiamo il Brasile! Il sole, la musica, il ballo, il calcio, la natura: è un paese che affascina milioni di persone in tutto il mondo. Questo è il motivo per cui il Brasile ospiterà la prossima Coppa del mondo, le Olimpiadi del 2016 e il vertice sulla terra del prossimo anno, un incontro che potrebbe fermare la morte lenta del nostro pianeta. E tutta questa nostra passione per il paese non è ingiustificata: l'Amazzonia è fondamentale per la vita sulla terra, visto che ben il 20% del nostro ossigeno e il 60% dell'acqua dolce provengono dalle sue magnifiche foreste pluviali. E' per questo che è cruciale che tutti noi la proteggiamo. Ma il Brasile è un paese che sta crescendo a ritmi da record, nel tentativo di far uscire dalla povertà decine di milioni di persone, e la pressione in favore della deforestazione e dell'estrazione di minerali è molto forte. Ed è questo il motivo per cui il paese sta per abbandonare la protezione dell'ambiente. Gli attivisti del posto sono stati uccisi, minacciati e fatti tacere, e ora sta ai membri di Avaaz di tutto il mondo mettersi dalla parte dei brasiliani e chiedere ai politici brasiliani di essere coraggiosi. Molti di noi hanno visto nei propri paesi come sia la natura a pagare le conseguenze della crescita economica, e l'acqua e l'aria sono sempre più inquinate e le nostre foreste muoiono lentamente. Per il Brasile però l'alternativa è possibile. Il predecessore di Dilma ha ridotto sensibilmente la deforestazione e ha costruito la reputazione internazionale del paese come leader nella difesa dell'ambiente, allo stesso tempo godendo di una fortissima crescita economica. Uniamoci tutti insieme e chiediamo a Dilma di seguire quella strada - per salvare l'Amazzonia. Negli ultimi 3 anni i membri brasiliani di Avaaz hanno fatto passi avanti enormi e hanno portato avanti campagne che vanno verso il mondo che vogliamo: hanno ottenuto una coraggiosa legge anti-corruzione, hanno fatto pressione sul governo per chiedere di giocare un ruolo cruciale all'ONU, proteggere i diritti umani e intervenire in favore della democrazia in Medio Oriente, in Africa e altrove. Ora che coraggiosi attivisti brasiliani sono stati uccisi per avere protetto una preziosa risorsa naturale per tutti noi, uniamoci e costruiamo un movimento internazionale per salvare l'Amazzonia e proclamiamo il Brasile come leader internazionale anche questa volta.

sabato 25 giugno 2011

Occhio della dea: CAPITOLO I

Occhio della dea: CAPITOLO I: "I. Prologo E ra da poco l'alba e come al solito mi trovavo sulla spiaggia, sopra un letto fatto di foglie di palma. Ne avevo creato uno per..."

Nirvana

La stanza era buia, gonfia di fumo.

Io e Claudio stavamo strimpellando con la chitarra canzoni dei Nirvana. Avevamo sì e no quattordici anni. Fuori nevicava.

Facemmo una pausa, mi si erano formati dei piccoli graffi sulle dita a furia di pizzicare le corde.

Suonare era diventato troppo doloroso.

- Passami una sigaretta.- mi disse Claudio

- Ma l'hai appena spenta!- gli risposi

- Zitto e dammene una!-

Mi allungai verso il pacchetto di Marlboro rosse morbido, ne accesi una e gliela passai. Poi ne accesi una per me. Non mi piaceva fumare. Ma Claudio diceva che se volevo diventare una Rockstar dovevo fumare, e prima o poi avrei dovuto provare tutte le droghe del mondo. Io gli credevo. Diceva tante stronzate ma sono sicuro che quando me le diveva ne era davvero convinto.

- Come fai a fumare così tanto? A me fa male la bocca!- ammisi

- Come sei delicato. Dai riprendiamo a suonare- mi disse mentre tirava la sigaretta.

A un certo punto della canzone stecco la nota. Fece un tiro e mi chiese se sapevo come era morto Kurt Cobain.

-Si è sparato mentre era imbottito di droga!- era davvero andata così.

-Secondo te ha fatto male? Cioè è stato doloroso?- mi chiese.

Non aspettò la mia risposta e ricominciò a suonare da dove aveva steccato. La cenere si stava accumulando sulle nostre sigarette. Io la feci cadere con un piccolo colpo di dita dentro una lattina di coca che avevamo lasciato lì. Claudio continuò a tirare finché non cadde da sola sulla chitarra. Rimase a guardare quella rimasta tra la prima e la seconda corda.

- Sai che mia madre è morta vero?- mi chiese

- Sì certo.-

- Sai, l'ho praticamente uccisa io.-

Io che nel frattempo avevo ricominciato a suonare mi fermai e gli dissi di smettere di dire stronzate.

- Cioè, non l'ho uccisa come pensi tu! Con una pistola o un coltello! E' morta nel farmi nascere-

Dev'essere dura, pensai. Chissà cosa si prova a sapere di aver ucciso la propria madre, gli chiesi.

-Te lo spiegherò presto- mi disse.

Posò la chitarra per terra e abbandonò la stanza. Ritornò con due birre. Stappo la prima e me la diede, nella seconda ci mise il suo mozzicone dentro e iniziò a bere.

- E disgustoso!- mi disse.

Gli chiesi perché l'avesse fatto, lui scrollando le spalle – L'ho visto fare in un film, volevo provarlo anch'io!- rispose.

- Tu sei scemo... Davvero, cazzo!-

Si mise il medio in bocca e strappò un piccolo callo.

Riprendemmo a suonare. Due pezzi di fila. Poi ci fermammo per bere.

- Me ne passi un'altra?- mi chiese Claudio.

Come prima presi due Marlboro dal pacchetto e le accesi, una per lui ed una per me.

-Mi devi spiegare come fai a fumare così tanto!- dissi

Senza rispondermi riprese a suonare. Si fermò nel sentire il padre, Marco, battere sulla porta e dire qualcosa.

-Se fa tutto sto chiasso non mi sento neanche suonare.- mi disse sorridendo.

La porta si spalancò, facendo uscire tutto il fumo. Suo padre non entrò neanche in stanza, rimase sulla soglia bestemmiando e dicendo di non fare casino, che ormai era tardi. Io nascosi la sigaretta e feci un sorriso di circostanza. Richiuse la porta lasciando nell'aria della stanza una ventata di grappa. Il signor Marco puzzava sempre di grappa.

- Prima cosa mi hai risposto su Kurt? Sul fatto se gli ha fatto male spararsi.- mi chiese Claudio.

- Non ti ho risposto, hai ripreso subito a suonare.-

- A già.- disse mentre stava già rimettendo la chitarra nel fodero. Io feci lo stesso.

Claudio abbandonò la stanza con la scusa di prendere qualche altra birra. Lo sentii gridare qualcosa a suo padre, qualcosa di brutto come '' non puoi permetterti di comportarti così'' e ''sei una persona schifosa''. Al che il padre rispose qualcosa ma non riuscii a capire cosa dicesse.

Claudio tornò con una confezione da sei di birra. Gli chiesi se non gli sembrasse di aver esagerato, lui mi rispose con un' altra scrollata di spalle e mi passò la terza birra della serata.

Arrivati a fine confezione ne prese un altra. Io mi fermai, avevo già la testa pesante, lui continuò

fino a finirle tutte. Mentre beveva mi stesi sul suo letto a fissarlo, giocando con le custodia dei suoi cd, facendoli roteare tra pollice e medio, mi stavo per addormentare quando riprese il discorso di sua madre. Non me ne aveva mai parlato prima ma ora sembrava pronto a lasciarsi andare.

Lo ascoltavo con gli occhi chiusi, un po' tra il sogno e la realtà, quando mi disse- Volevi sapere come ci si sentisse a uccidere la propria madre? Beh apri gli occhi. Ti farò vedere quello che mi passa per la testa ogni volta che ci penso.-

Riaprendo gli occhi lo sentii mugugnare. Ci misi un po' a mettere a fuoco la sua sagoma. La sua sagoma ricoperta di sangue.

Claudio era lì davanti a me, con la birra tenuta a fatica in una mano e nell'altra una sigaretta, mentre dai polsi gli sgorgava una quantità immensa di sangue.

Rabbrividii. Sapevo per certo che sarebbe finito male. Ma non mi aspettavo un suicidio così plateale.

- Cosa cazzo stai facendo?!- gridai.

Lui, come ogni volta che faceva una stronzata, sorrise. - Sai credo che Kurt Cobain non abbia sofferto. Io sento appena appena un fastidio al polso. Però così ci vuole troppo a morire- si fermo a riprendere fiato, parlare gli costava molta fatica- Ha fatto la scelta giusta sparandosi in bocca!-

Fece un sorso di birra e tirò dalla sigaretta. A ogni movimento delle braccia schizzava sangue per la stanza.

-Mi metteresti il disco In Utero, traccia 4?-

Lo feci. La canzone era Rape me, ''violentami''. Non so come mai ma non riuscivo a capire quello che stava succedendo, in un certo senso credevo di stare ancora dormendo.

Mi disse di alzare il volume, che non riusciva più a sentire bene.

- Alza, sento solo un ronzio e il sangue pulsare nei timpani. Ora fa un po' male! Alza e dammi una mano a bere. Non mi si muove più la mano. Alza e vieni!-

Ubbidii. Il volume era assordante. Stappai una lattina di birra e gliela appoggia alle labbra. Lui fece cadere la testa all'indietro, come se il peso della lattina gli avesse rotto l'osso del collo. Gliela cercavo di tenere dritta, la testa, mentre, a forza, gli facevo ingurgitare la birra. Una volta finita ne stappai un'altra e gliela diedi.

Vedevo la birra formare la schiuma nella sua bocca e poi cadergli dai lati delle labbra, riunendosi all'altezza del mento e cadere nella pozza di sangue ai nostri piedi.

A quel punto entrò suo padre, tra una bestemmia e l'altra ci diceva di staccare la musica. Fu dopo aver spento lo stereo che si accorse di suo figlio. Messo in un angolo, in una pozza di sangue diluito con la birra e qualche filtro di sigaretta, con gli occhi e la bocca socchiusi, la sua testa fra le mie braccia nel tentativo di farlo bere il più possibile.

Gridò. Marco gridò e bestemmio. Poi si scagliò su di noi. Prendendomi per la maglietta mi sbattè per terra. Mi ritrovai le mani e la faccia sporche del sangue di Claudio.

Se è un sogno, mi dissi, sono totalmente privo di buon gusto.

Provai a togliermi il sangue dagli occhi usando il dorso della mano. Rivolsi lo sguardo al signor Marco che prendeva a sberle suo figlio in uno stupido tentativo di farlo rinsavire. - Idiota, perché l'hai fatto? Idiota. Idiota. Idiota idiota idiota- ripeteva mentre picchiava sua figlio, con una scia di saliva che gli si agitava dalla bocca ad ogni suo movimento di capo.

Ma ormai era tardi, Claudio era morto.

Marco con gli occhi vitrei si avvicinò a me. Mi diede una sberla. Sentii il sapore ferreo del sangue in bocca, sentii dolore.

Solo allora capii: non era un sogno.

Avevo appena assistito alla morte del mio migliore amico.

Le gambe mi tremavano, il cuore rallentò e sentii come se dalla mia testa venissero strappati fuori tutti i pensieri.

Il signor Marco uscì dalla stanza, lo sentii chiamare l'ambulanza e raccontare con voce calma tutto quello che era successo.

Mi avvicinai alla carcassa di quello che fino a pochi attimi fa era una persona e gli misi una mano nella tasca anteriore destra dei Jeans. Frugai per un po' ma alla fine trovai quello che cercavo: il suo plettro giallo con lo smile. Glielo avevo regalato quando iniziò a suonare

Presi l'ultima birra rimasta la aprii e ne feci un sorso. Passai la mano tra i capelli di Claudio, gliene strinsi una ciocca in modo che la sua faccia fosse rivolta verso la mia- Questo lo tengo io, a te direi che non serve- altro sorso- e grazie per avermi spiegato quello che sentivi!-

Abbandonai la casa.

Per la strada lasciai impronte rosse sulla neve fresca, sentivo i miei vestiti, nei punti umidi di sangue, ghiacciati. Arrivato a casa mi feci un bagno, grattando col sapone tutte le piccole macchie rossastre e viola rimastemi sul corpo. Uscito dalla vasca senza neanche vestirmi mi diressi in stanza a suonare con una sigaretta in bocca.


venerdì 24 giugno 2011

Triste poesia N.2


Il nostro rapporto
Non è più quello di una volta
Non ridi più alle mie battute
Che ti facevano sganasciare

Quella risata così simpatica
Come un gessetto sulla lavagna
(Al gatto si rizzavano i peli)
E' molto che non la sento più

E quel bambolotto di pezza
Che tanto mi somiglia
Che tu riempi di spilli aguzzi
Leggermente mi inquieta

Non vuoi udir ciò che dico?
Giri per la casa, con le orecchie toppate
Le labbra serrate, gli occhi chiusi
Brancolando sbatti in tutti gli angoli

Cadi, sbatti e rimbalzi
Con quella testa vuota che ti ritrovi
Ogni botta sembra una schioppettata
Ti ammacchi come una lattina

Ma benché fasciata come una mummia
Piena come sei di punti ed ematomi
Non cedi, non mi parli
Ormai da più di sei anni

Eppure voce ne hai, urli, eccome!
Tu e quel tale che incontri casualmente
Tutti i giorni nella nostra stanza da letto
Erik il vikingo, lo chiami sospirando

So che ne soffrirai, non fingere disinteresse
Sputando sui miei piedi scalzi
Ma penso sia meglio dirsi addio
Mi riprendo il mio onore, la dignità
e i dischi di Peppino di Capri

.Non piangere. No, non lo fai?
Strano, mi pareva. Bene, lasciamoci così
Senza acrimonia, senza rimpianti.
Io personalmente già non ricordo
Più il tuo nome

Ora: Capuccetto Rosso e il Lupo Cattivo

Deposizione N 110 di C.R(censurata in quanto minorenne)
L'unica cosa che è riuscita a dire è stato ho avuto paura. Evidenti lo stato di shock e i segni del maltrattamento.

Deposizione N 113 di Franco ''Lupo'' Codispoti.
Perché l'ho fatto? Come potevo non prendermi gioco di lei? Così ingenua, sorridente! così stupida da darmi l'indirizzo della nonna( Sig.ra Maria Veronesi) e accettare quella roba che le avevo dato da bere! (ridendo) Non potevo non cogliere l'attimo.

Deposizione N 115 di Luigi Rossini.
Ho sentito delle grida è mi sono fiondato subito in casa della signora, la conosco da anni. Le ho trovate legate ad una sedia, ricoperte di lividi e graffi e sputi. E' stato terribile! L'ho aggredito , il sig. Codispoti, accecato dall'ira!

Deposizione N 112 di Anna Procopio
Le ho chiesto io, a mia figlia, di andare dalla nonna! Non potevo aspettarmi una cosa del genere. Giuro non volevo.

Deposizione N 111 di Maria Veronesi
Ci ha tenuto un giorno intero legati alla sedia, continuava a sputarci addosso e rideva. Prima ha dato una sberla a C.R perché piangeva. Poi ha iniziato a bere vino e con la bottiglia sbeccata (prova n3) ha iniziato a graffiarci in viso. Provavo a consolare mia nipote ma tutto era inutile. Lupo (indicandolo col dito) continuava a insultarci e farci del male.

Deposizione N 115 di Luigi Rossini.
Sì, è vero. Ho continuato ad aggredirlo finché non è arrivata la polizia. Non potevo accettare quello che aveva fatto...

Deposizione N 113 di Franco ''Lupo'' Codispoti.
Mi sono divertito

[...]Tenendo fede alle prove e alle testimonianze, si informa che si è arrivati alla decisione di incarceramento del sig Franco Codispoti, per un totale di 48 mesi per Violenza e sequestro di e su minori e violenza e sequestro doloso[...]


giovedì 23 giugno 2011

triste poesia n.1


La pigna che in virtù della forza di gravità
cadde dall'albero verso il prato sottostante
colpendomi in fronte mentre pisolavo beato
la tengo riposta nel comodino.

Questa notte quando verserai
in quello stato comatoso che tu
comicamente chiami sonno
te la scaglierò in testa.

Una volta sveglia ti dirò:
senti questa moltitudine di grilli
che da una settimana,tutte le notti
rompono i santissimi baiocchi?

avere tra le mani una doppietta
gli avrei già sparato, ai grilli
ai passeri, agli scoiattoli
e a te che mi hai portato in campagna.

già sarei fuggito da questo incubo
lasciandoti in balia dei mosconi
ma un cinghiale di enormi dimensioni
adagiato sul cofano della mia fiat 500

comprata con rate mensili di euro 670
grugnisce e sorride
soddisfatto del danno che mi infligge
moralmente ed economicamente

scrisse Elsa Morante

Scrisse Elsa Morante "Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare." Elsa Morante. Qualunque cosa abbiate pensato, il testo, del 1945, si riferisce a Mussolini....

Fimmene,fimmene ca sciati allu tabaccu

Vi invitiamo a partecipare alla serata “Fimmene, fimmene ca sciati allu tabaccu” storie e racconti della raccolta del tabacco nel Salento, con la presentazione del documentario “L’ultima raccolta” di Antonio Puhalovich – Italia 2005, organizzata dall'Associazione La Conta in collaborazione con la Redazione milanese de “Il Cantastorie” ed Circolo ARCI Martiri di Turro, che avrà luogo, con ingresso gratuito con tessera arci, alle ore 21,00 di lunedì 27 giugno 2011 al Circolo ARCI Martiri di Turro - Via Rovetta, 14 a Milano. In particolare parteciperà alla serata Antonio Puhalovich, docente, ricercatore ed autore del documentario “L’ultima raccolta”, che racconterà storie e memorie della raccolta del tabacco, della manodopera bracciantile e della condizione delle donne nel Salento. L’Ultima raccolta – Documentario di Antonio Puhalovich – Italia 2005 Le riprese di questo documentario, che raccontano una giornata di lavoro, in un campo di tabacco nella campagna di Martignano (Le), sono state fatte nel 2005, ultimo anno in cui si è raccolto il tabacco. Nel Salento, per tutto il ‘900, si è coltivato il tabacco. Agli inizi del nuovo millennio, questa produzione agricola è stata eliminata per ragioni di mercato. Con la scomparsa del tabacco, non è finita solo una produzione agricola, è scomparso un mondo, che era nato intorno a questa coltura, con i suoi riti, tradizioni e strutture sociali. Ma ciò che è più grave, è la perdita del senso del sacro, che quel mondo mitico contadino ha sempre portato dentro di se. Antonio Puhalovich Nato a Bari il 08/07/1972. Laurea in lettere moderne (Tesi:”Il teatro di Pier Paolo Pasolini”). Insegnante di materie letterarie. Scuola di cinema sul Documentario; Scuole Civiche Milano 2009-2010. Workshop di Abbas Kiarostami (Bari, 2005). Workshop di Manoel De Oliveira (Bari, 2006). Pubblicazioni: Pier Paolo Pasolini: Dal mito alla storia: i Turcs tal Friul, rivista «Sot la Nape» n. 1, Società Filologica Friulana, Udine, marzo 2001. Intervista ad Abbas Kiarostami, «ANALISI XXI», rivista bimestrale di critica internazionale, n°2/05, Roma. Filmografia: “Elegia dell’arca” 2005; “Bianconero” 2005; “ZerO” 2005; “Le voci di dentro” 2006; “La passione” 2007; “Il viaggio” 2008; “Fragmenta” 2010.

mercoledì 22 giugno 2011

Il fuoco dentro

Federico è giovane, assetato di vita ma vincolato dalle costrizioni di un mondo ancora chiuso e dalla mentalità tradizionalista, sempre combattuto tra gli impulsi del suo temperamento passionale e il disincanto di dover accettare scelte spesso imposte da inevitabili compromessi. Federico racconta in modo asciutto ed essenziale la sua complessa biografia esistenziale: gli spensierati anni universitari, il ritorno al paese natale nell'entroterra abruzzese e le improvvise difficoltà economiche familiari; il difficile avvio della sua professione di commercialista, le sfortunate vicende sentimentali con Francesca e con Marta, la gioia di un figlio. A sciogliere i contrasti insoluti che animano il protagonista sarà Davide, il figlio tanto desiderato e amato, con il quale Federico riuscirà a instaurare un rapporto di sincera complicità e di affetto reciproco. Superando anche l'ostilità e il rancore della sua ex, Marta, mossa da un desiderio di vendetta che si dispiegherà nel tentativo di tenere forzatamente lontani padre e figlio. Un romanzo su vicende che potrebbero essere vissute da ognuno di noi, capace di affrontare temi molto attuali e mai troppo dibattuti: le forme della famiglia, la separazione, il difficile ruolo del genitore single.




Giovanni Andreoli è nato ad Atri il 22 luglio 1966. Laureato in Giurisprudenza, esercita la professione di avvocato civilista. Vive ad Alba Adriatica (TE), ed è padre di due figli.
Ha scoperto la scrittura creativa nel 2009: il romanzo Il fuoco dentro è la sua prima prova narrativa.

lunedì 20 giugno 2011

Facciamo il ponte sullo stretto di Messina


Bisogna costruire il ponte sullo stretto di Messina. Però entro quest' estate perchè se vado giù in Sicilia a trovare i parenti non voglio fare la fila per prendere il traghetto (Che tra l'altro gli arancini li sopra non sono più buoni come quelli che facevano una volta ).
Quindi, io  propongo di partire domani mattina presto ed iniziare con i lavori. tutti i muratori disoponibili si ritrovino in piazza del Duomo alle 3,30 massimo 4, si parte col pulmino,e se non si rispettano i limiti di velocità e nessuno fa fermare il mezzo per la pipì, in mezza giornata si arriva giù.
Portatevi le mazzette che cè da spaccare un sacco di case che sono d'intralcio.
Mentre si è li a spaccare, io vado in giro a trovare un geometra che ci faccia un bel disegno su come fare questo ponte. Non fa niente se dopo un anno viene giù, tanto io in Sicilia ci vado solo questa estate e poi basta.E comunque se le cose non vanno bene si può sempre dare la colpa a qualche comunista, oppure al terremoto, e non tralasciamo gli ufo ( si chiede a Cacioppo di Voiager di fare una bella trasmissione su come gli ufo manomettano i ponti in giro per la terra...)
 Però cerchiamo di fare i lavori fatti bene lo stesso, non facciamoci riconoscere dal mondo, che già non siamo messi troppo bene.
Secondo mè, se ci mettiamo d'impegno in un mesetto il grosso lo abbiamo fatto, le rifiniture le facciamo con calma.
Se cè qualcuno che vuole venire ma non ha la mazzetta può venire lo stesso, basta che porti i panini per tutti.
Io lo vorrei al salame.

vinicio Capossela Antonio Albanese

domenica 19 giugno 2011

Cos dell'altr mond!


Protagonisti:
A : marito extraterrestre
B : moglie extraterrestre

Scena: una tavola imbandita, un mappamondo in primo piano. Una tipica stanza borghese
una donna extraterrestre sistema casa. Entra in scena il marito


A – Tesoro, sono verat!
B - Remor, meno mal che sei verat! Ciornata dura?
A – Meeee!. In ufficio lo Sswatz si è rubaccato sullo Crocioc ed è successo un patatrac! Meno male che avevo un surowatz vicino all'ignich e sono riuscito a finichic lo Swatz..
B – Quello swatz vi ha dat semp dei max grattacap-..
A- Grattacap su grattacap. Pazienz. Che c'è di good da iallappatarsi? ho una fame che vedo rapuz!

La moglie esplode in una risata:

B- Rapuz! Ha ha ha! Rapuz! Amore, sei sempre il solito fracaz! Rapuz! Ha ha ha! Mi fai proprio scanfare!
A – Che ci vuoi fare? Sono così, un po fracaz e un po' lapaz!
B – E' per questo che ti am! Sballantati pure sulla segg. Ti ho preparato il tuo piatto più sglurp, lo zignuc con purè di fric efroc.
A- Che meraviglia! Sono felice come uno sgneeec!

La moglie ride:

B- lo sgneeeec! Ha ha ha! Lo sgneeec! Ha ha ha! Mi fiscio addosso! Ha ha ha! Ma come ti vencono?
A- che ci vuoi fare? Sono così, un po' fracaz e un po' lapaz.
B – E' per questo che ti am.

Il marito si avvicina al mappamondo.

A- come va la terra?
B- Inzomm, si evolve. Sai tutti quei Crucacep e Luvacopaz?
A – Quali? I dinosauri?

Risate della moglie

B- ha ha ha! I dinosauri! Ha ha ha! Le risat! Ma come ti vengono? Mah! Ha ha ha! Si, si, chiamiamoli dinosauri. Bè, si sono estinti..
A- Estinti? Tutt?
B – Si.
A – il tyrannosaurus rex?, il velociraptor? Il brachiosaurus? Tutt estinti! E come mai?
B- Colpa mia, ho usato lo spritz per pulire il mondo e ho fatto un rebelot. Troppo spritz...
A- Amore,stat un poc attent. Non importa. Pazienz.
B- Poi la mattina sono comparsi degli esseri tutti sfonz, con delle bracci tut pelos con una clav nta la man. Sembravan..
A : Degli uomini!

Risate della moglie

B- Uomini! Ha ha ha! Uomini! Ha ha ha! Rob da mat! Mi scompiscio, mi fai morire! Ma come te vengono! Come?
A – che ci vuoi fare? Sono così, un po' fracaz e un po' lapaz!

Il marito si siede al tavolo e inizia a cenare

B- Comunque questi uomini...chizappava, chicacciava...tutto a post. Ad un certo momento uno di questi uomini chiappa no piezz delegno e lo sfreca su un' altro piezz delegno e sfreca sfreca sfreca.. ad un certo punto..
A- Bono sto piatto di zignuc. Forse ci manca un pizzeco di eiecchicicci, però è good bono! Compliment! Scus se ti ho stoppat, dicevi che l'uomo sfrecat e sfrecat e alla fine cusa lè succes?
B- Si è spasciato lu legnet è non è success na got. Nient.
A – Stran.
B – Verament. Poi è arrivato un fulmine e si è incendiata tutta la forest! Allora l'uom con altri uom hanno chiappat un legnet e se sono tenuti il fuoco.
A – Astut!
B- Meeeee! Il tempo di stirare tue camicie, mi avvicino e che te vied? Che questi uomini se pigliano a mazzate su mazzate su mazzate. Si sono presi a ravalaza e schiaffazon e pedaton e non l' hanno finix stop!.
A-Sono viulent,
B-Inzomm.
A- Poi che cosa è accadut?
B- Poi sono andata a fare la spesa. Quando sono tornata ho trovato..
A- Hai trovato?
B- Pens, ho trovato quest uomini che parlavano!
A – Meeeeeeeee! Parlavan! Rob de matt!
B – Ti dico che parlavano! Li ho urechiat con queste anovizoc.
A – Nun ci se cret. Vero dici?
B- Meeeeeee. E non soul! Avevano costruito! E case, e pont, e strad, Spettacolo! Città intere. Una proprio bellissima, la chiamavano Roma!
A – Roma, che swarz di nome!
B- Hanno costruito anche una cosa tutt con i lapazoc e ravagnac e surcapaz sembrava..sembrava
A- See, sembrava un Colosseo!

La moglie scoppia a ridere

B – ha ha ha! Un colosseo! Ha ha ha! Mi pieco! Mi scanascio! Ha ha ha! un colosseo! Ha ha ha!
Ma come te vengono csi, a pot continua prop! Sei un fricot!
A- sono così, un po' fracaz e un po' lapaz! Se puà vedere sto colosseo?
B- No. E' borlat giò .Si è quasi disintegrat.
A – E come lè succes?
B – Stafo a guardare che addentro al colosseo ci inficcavano cierti uomini con le spadone gli elmon e pure i leon e le ticri che se li slurp e slarp. Ero tutta arabataz che non mi sono accort che c'era lo scopon per terr ci ho incespicat e per non ruzzolar me sono aggrappata alla terra. Un rebelot! Tutt distrut..
A- Amore,stat un poc attent. Non importa. Pazienz. Poi cusa lè succes?
B- Mi son fatta un ronf ronf che ero molto strac.
A- Quanto ci vuole ci vuole.
B – Quanto mi sono arisvegliat, vado a verere che hanno cumbinat e che te trofo?
A- Che te trofi?
B- le crociat!
A- A me nun me piaccion le parol crociat, più biuteful sudoku! Me spass, veri divertent.
B- Amor, te set sbagliat. Intendefo the Wars Crociat. Certi spadon e i currazz tutt splendent e giù a darsi mazzat su mazzat a dixt e sinixt su quadrupeti cloppete e coloppete.
A- Meeeeeeee. Ma wai?
B- questiun de religiun.
A- De che?
B- Religiun. Praticament i person se creat a nu Deux. Tant person parecch Deux. Va buon...?
A- Va buon.
B-Epperò quell non va d'accord cun quell'alt, tu dev acreder a quel mio deux, se no te spach. Io acreder al tuo deux? Ma te se matt, te scepi la facc. E allor giù mazzat!
A- Come sempr.
B- Esattament. Comunq, stamm appress che te spiech. Queste crociat son stat uan cos spettacular. De chi le cristian, de li le mussulman. E fricchete e fracchete, mazzat, sberlun, sgeffun, e ciapo stà città, e perdo stu paesell, e prend sta stra e te crocefiss,e te impalaton. Inzomm, se so bisticciat e hanno fatto la war!
A- Anca mo?
B- Seee. E one, e du e trecchete e quattreche e cinq, se, sett. Inzomm se finiva piu!
A-Vist uan vist tutt.
B- Esattament. Allora intofina cusa ho fatt?
A- Spieca.
B- song andà a ciapà l'aspirapolverun e me somg mess as gramuffar tucc coss in tu te mason.

Il marito si guada in giro

A- Veto in effettivament che lè tutt grammuffat. Compliment!
B- Tenchiuu. Però mentre arisucchiav il polverun, me son distratt e me song avvicinat tropp al mondo e me song riuchiatt tutta quella part.. ho fatto no..
A – Deserto!

Risate della moglie

B- Deserto! Ha ha ha! Deserto! Me ripico! Me scompiscio! Ha ha ha! Me schiatt per terr, me muoio dalle sganasciat! Ha ha ha! Ma come te vengono?
A- axè! Song così, un po' fracaz e un po' lapaz! Però amor, stat un poc attent co sto fraz de aspirapoverun.

La moglie si ferma di colpo, seria

B- Me scrit? Dop che ti ho preparat o il tuo piatto più sglurp, lo zignuc con purè di fric efroc.ramazzat, sterat. Me scrit?
A- Non è che ti scrit.. è chè defi star un picinin più attent.. no ti scrit..
B- me fazz no mazz tant e tu me scrit?
A ma no che non te scrit... se ticeva tant per tir.. stat buon, su..

La moglie si mette a piangere

B- me scrit.. non me ami nix?
A- Ma see che te amo.Su.. nun chiagnere. Facimmo pax.
B- Vabbuo.
A- smac
B smac.
A- Comunq. Dop che hai finix, sa lè success?
B- spettacular! Vato a visionar, e che te veto?
Sviscera l'argument, song curius!
B- Trofo e nafi e pure l'aerei e pure dei cosi che lanciavano che boom e sbamm a destra e a sinistra e questi uomini che se spum e spam bott da orb era proprio una.. una..
A- Una guerra!

Risate della moglie

B- Ha ha ha! Una guerra! Me schiatto! Misvenco! Ha ha ha ha! Una guerra! Le risat! Ha ha ha! Ma come le tiri fuori queste sbaracaratach?! Ha ha ha!
A- Sono così. Un po' fracaz e un po' lapaz.I nsomma questi uomini sono un po' violent!
B- Sti cazz! Sono proprio violent , peggio dicosì non afefo fisto mai! Ma mai mai.. roba..
A – Una roba mondiale!

Risate della moglie

B – Mondiale! Ha ha ha! mondiale! Ha ha ha! Me spacch..ha ha ha!
A- Una guerra mondiale!

La moglie ride più forte

B – ha ha ha! matonn! ha ha ha!
A- La prima guerra mondiale!

La moglie si piega dalle risate, amche il marito ride.

B – ha ha ha osignur! Ha ha ha! Osignur! Ha ha ha! la.. prima guerra mondiale..ha ha ha!
A-ha ha ha! E sbum e sbam! Etratratratra! La prima guerra mondiale! Ha ha ha!
B- amor basta che mi svenco! Ha ha ha!
A- ha ha ha! Bon basta.
B- basta bon. Comunq, dopoun poco tutt a post. Nient bott. Silenz. Però mi sono avvicinat e ho guardat e e che ti veto?
A- Dimmi che so tutt riabataz..
B- Fedo un uomo coi baffett, brutt tutto sgnech e un'altro pelatun mascellon che se stringono e se abbracciano e urlan e poi uomini su uomini che abbattono le mani e e cicich e ciciach e poi ancora mazzat e bott e. boom e sbamm e ancor e s'allargh s'allargh e il boom e su e giù a destr e a sinistr
A_ Inzomm na second guerra mondiale! Hahaha! Hahaha!..non te schiatt?

La moglie non ride

B -...
A – Non te schiat?
B- No. Trop viulent. Facevan cose che mi vengano i bivitex in tutto lo soropaz. I pazz va buon, so pazz, ma tutt quelle persone, gli uomini..che abbattevano le mani..nta le piazz max gremit. Quelli non le comprix..
A- So viulent, nun ti rattrester..E poi sa lè succes?
B- Lè succes uan boom! Boooom! Come no funch..
A- One Funch atomic?
B- Meeeeeee! Exsatment! Rasat tutt lisc.
A- rob te mat!
B- nun ce se cret!
A- E poi?
B- Poi ho preparat la cen e waz e raparaz. E nun l'aggia a cuartato più.
A- (alzandosi dalla sedia e avvicinandosi al mondo) vetiamo un pò... (prendendo una lente di ingrandimento)
Bell le bell. Veramente good. Ma song sempre a fare la guerra! Amore vien a veter!
B- Me scapicollo, amor. Iecchimi ( prende anche lei una lente) meee, varda de li! Varda da qui, guard che scoppion a tucci i canton! Vedè che patatrach!
A- ma quante ne son de queste guerre?.. meee. Spett che cont.. e uan e du e trex..
B- .. e quattr e cinchi e se e sett e voot e nov..
A- Cont cont, song no parecch de guerr.
B spett spett.. song ...song no sparanau! Non finiscon nix!
A- Rob de matt. Meeee! Ramazatt su ramazzat! Che taggia a dì, song violent!
B-Guard! Guard! I funch atomich, de chi e de lì..
A- meee! Distruction! Ecatomb! Desolescion!
B-sniff sniff.. sniff... che brutt udur!
A- Exattament, na schifezz.. sniff sniff.. lè andà a mall!
B – spusa..blea..che schifi.. speta un po' che al ripulisti ben ben

La moglie prende uno spruzzino e lo versa sul mondo, poi ci passa sopra un panno, mentre il marito si tura il naso.

A – Meee, la spusa mi ha ciapò tutto el nasun, maggia a diventà tutto sgrufulat..
B- finit. L'aggia resettà, ora lè lindo.
A-fam vedè... veri good. Veri lindo.
B- Stop guerre hahahah hahaha!
A-erano prop dei crastun.. ramazatt su ramazatt. (si stira..) waaaa..Bè, mi sun strach, mi vu a fa ronf ronf.
B- Su strach da bun anche mix. Oggi maggio fatto no mazz tant..
Aiammacinne a far ronf ronf che è altamente tard.
A- Meeeee, che doman ho una ciornata veri important, smerem che lo Sswatz non si rubaccat ncora sullo Crocioc se nò succede un'altro patatrac
B- sperem. Smorza e lait..

La moglie esce di scena. IL marito beve un bicchiere d'acqua, sta per andarsene quando spinto dalla curiosità si avvicina al Mondo, prende la lente e lo riguarda

A- Amor, intovina un pò! Song tornati i dinosauri!

Da fuori scena si sente ridere la moglie sguaiatamente

B- hahaha hahaha! I dinosauri! Ha ha ha quest parol mi fa sganascia! Mi scompiscio! Ha ha ha hahaha!
Ma come te vencono, come?

Il marito, uscendo di scena e spegnendo la luce:

A - che ci vuoi fare? Song così, un po' fracaz e un po' lapaz!

fine

Il canto della Sirena di Muscolino Stefano Giovanni (ArKaVaRez)


><><><>Il canto della sirena<><><><><


Il suo nome era Aidha ed era una donna ricca e di origine nobile , i suoi occhi erano nerissimi come il carbone. Aveva i capelli castani, molto lunghi e chiusi da piccole treccine , il suo viso seppur rotondo era molto grazioso e fiero. Il suo corpo era atletico poiché amava danzare e si esercitava diverse ore al giorno, riusciva a ripetere i movimenti insegnati dalle sue istruttrici con tale finezza da stupire chiunque. Ma la sua passione più grande era il canto, nessuno era in grado di resistere dall'ascoltarla, la sua voce era ammaliante.

Sopra la testa teneva spesso un disco circolare forgiato in puro argento di cui ai lati erano incastrati dei piccoli rubini, sulla parte frontale c'era la raffigurazione di un cobra con gli occhi fatti di smeraldo. I suoi orecchini di ottone erano delle lunette alte 12 cm e rette da un anello inserito nella parte bassa dell'orecchio. Le sue unghie erano lunghe, quasi quotidianamente dipinte con una tinta di totano dal color nero. La sua veste era sempre di seta, indossata quotidianamente nel palazzo di suo padre.

Beata, passava generalmente le sue giornate coccolata dalla servitù su una seggia di bambu' oppure si esercitava nelle sue doti artistiche. Lei possedeva inoltre un ottimo numero di amici potenti e nessuno di loro le negava un favore a causa del suo carisma. Le cose andavano bene e negli ultimi tempi, si innamoro' di un uomo, per lei molto importante...

Si chiamava Zaccheo ed era capitano di una nave mercantile della isola di cipro. La sua eta' era sulla trentina di anni ,aveva la barba brizzolata corta e capelli riccioluti, due splenditi occhi azzurri poiché sua madre era delle terre del estremo nord. Il suo corpo aveva una buona muscolatura tipica di un marinaio e una costante abbronzatura, amava lavorare sotto il sole. Dirigeva gli affari per mantenere l'eredita' di suo padre: la nave , la ciurma con cui e' cresciuto e un'altra piccola imbarcazione che serviva per trasportare la merce nei corti tragitti del fiume nilo.

Non era molto ricco, possedeva tuttavia una simpatia e una positività che riempivano il cuore a chi lo conosceva, anche nei momenti peggiori. Importava vino dalle coste della sua isola fino alle rive del nilo, riuscendo ad ottenere nei ultimi tempi dei grossi affari grazie al consiglio di una misteriosa donna col viso coperto. Essa si presentava spesso durante le sue permanenze nelle taverne fluviali e non pretese mai da lui alcuna somma per le sue informazioni .

Passarono pochi giorni che arrivò al nilo, portando con se' la merce ordinata durante la scorsa permanenza. La donna col viso coperto non fece tardi a ricomparire, al suo arrivo indicando un giovane , figlio di un sacerdote, come ottimo acquirente. Il capitano Zaccheo. Con molta cautela, segui le indicazioni di quella misteriosa donna, si era già dimostrata un ottima consigliera, ma ancora non erano rivelate le sue intenzioni.

Questo avvenimento permise al capitano Zaccheo di concludere un affare importante ma dallo svolgimento del colloquio sembrava tutto già preorganizzato. Era come se il giovane, già in partenza appariva d'accordo, per una consegna che in realtà non era ancora stata discussa.
Durante i giorni successivi, la donna col viso coperto appariva ai moli interrogando i commergianti sul capitano Zaccheo. La cosa lentamente iniziava a creare voci nella sua ciurma e non esitarono a confidarsi di ogni vicenda. La cosa ormai si faceva sospetta, molti affermavano perfino che stava ore ad osservare la sua nave durante la sera da sopra i terrazzi delle taverne e molti affermarono che era sempre ben guardata da servi. La sua presenza al molo era diventata quotidiana.

Una sera dove non c'era molto movimento e tutti stavano rinchiusi nelle taverne, in attesa di rimettersi in viaggio , si presentarono nella locanda dove alloggiava il capitano, un gruppo di persone con la danzatrice e cantante, con abiti lussuosi. Liberarono un po' di posto in maniera prepotente, appendendo ai muri delle tende azzurre stellate e iniziarono a creare una atmosfera abbastanza vivace dove la danzatrice poteva esibirsi in piena eleganza. Inizialmente a muovere il ventre, andando in progressione in un ballo seducente.

La sua voce era vigorosa e dosata, il suo canto travolgeva e affascinava una gran numero di persone che ascoltavano.
Lei non prestava la minima attenzione a coloro che le erano intorno , non distese mai un secondo lo sguardo dal capitano Zaccheo che sempre più intimorito. Egli interrogo' il gestore cercando di comprendere la ragione di tutto ciò ma egli gli spiego' che non ne sapeva nulla. Il capitano perplesso usci' dalla locanda e si asciugo' il sudore accumulato nell'emozione.

Uno dei servi , ben curato nella forma e nell'aspetto con una lancia tenuta alta in segno di non ostilità si era avvicinato a lui, li chiese di seguirlo dalla sua signora. Il capitano Zaccheo rimase intimorito e la cosa ormai perfino lo spaventava , tese i palmi della mano in avanti sventolandola leggermente e ringraziandolo con un no!

Il servo fece finta di non aver sentito e lo invito' nuovamente ripetendo nuovamente le sue parole: la nostra signora desidera solo parlare. Così disse con tono gentile e con un viso sereno. Il capitano si senti' abbastanza rassicurato si fece accompagnare nei terrazzi, dove c'era un tavolo con candele e con cibi squisiti a base di pesce e granchio. Verso la parta centrale c'erano alcune sedie con tamburelli e dei grossi ventagli, usati generalmente dalla servitù per ventilare l'aria. Una lampada ad olio era sul tavolo con una scodella di bronzo che conteneva acqua con petali di fiori, usato generalmente per profumare le stanze.

Il balcone che generalmente era pieno di sabbia e in pessime condizioni, era invece stato pulito con una certa cura e rimosso da altri tavoli probabilmente per lasciare il posto libero. Poco dopo arrivò la donna, non era niente meno che la seducente cantante. Si era cambiata d'abito con una veste nera senza maniche e che scendeva fino a meta' gamba , rifinita con eleganza. I suoi capelli era appena lavati e profumati , le sue treccine sciolte sostituiti con una lunga coda , aveva fra i capelli un fiore bianco e gli occhi disegnati nella parte esterna con una piccola linea di color nero.
Il suo aspetto era incantevole, tanto il capitano non si tratenne dallo stupore. La signora aveva invitato il capitano Zaccheo a prendere posto e iniziare la cena preparata. Si presentò col nome di Aidha. Incominciò raccontando che fu' lei la benefattrice dei suoi affari e inizio' a parlare della sua vita. Consapevole tuttavia del disagio del capitano Zaccheo, non esito' a preoccuparsi.

Aidha: Posso chiedere il perché del vostro silenzio? Forse vi ho distolto da qualche impegno?

Zaccheo: Perdonatemi signora , ma ancora mi interrogo sulla ragione delle vostre premure, non sono che figlio di un marinaio e non ricordo avervi aiutata in alcuna occasione.

Aidha: In cuor mio dubito che siate solo un marinaio ma un ottimo capitano di nave , avete in cuor vostro molta più nobiltà di quanta ne abbia lo stesso faraone.

Zaccheo: Signora , accetto le vostre lusinghe ma ancora non mi avete spiegato la ragione cosi' tanta attenzione.

Aidha: Forse e' necessaria una ragione? Se fosse mio desiderio vedere i vostri occhi dal colore della spuma di mare e conoscervi?

Zaccheo rimase in silenzio......

Aidha: Forse la cena non e' di vostro gradimento la cena, o forse gradite musica?

Zaccheo: No signora , e' tutto molto bello anche voi siete molto bella ma trovo tutto un pò fuori luogo.

Aidha: Forse e' norma di un capitano di mare rifiutare una cena in compagnia di una donna che nutre simpatia in voi?

Zaccheo: Signora non pensiate che io disprezzi le vostre premure, ma desiderio di più non nutrire il disprezzo da parte di mia moglie, che presto metterà alla luce un nuovo figlio, comprendete?

Aidha: E' per voi cosi' importante? Io possiedo molto di più di un umile casa, le ricchezze di mio padre sono grandi.

Zaccheo: Signora, io amo mia moglie

Aidha: E io amo voi!!

Zaccheo: Signora , io vi ringrazio per il vostro enorme aiuto alla mia nave e spero di potervi dare da uno dei miei uomini i soldi che mi avete fatto guadagnare e riparto per casa mia, vado a vedere mio figlio nascere.

Le parole ferirono Aidha e mentre lui si allontanava, chinandosi urlava di dolore e di tristezza, i suoi occhi si riempivano di lacrime. Lei non capiva cosa le mancasse per non aver avuto il suo amore, possedeva bellezza, doti artistiche e grandi fotune. Chi non avrebbe accettato? Ma Zaccheo si allontò da lei lasciando ad ogni passo, in lei un vuoto crescente. Nei giorni successivi tentò qualunque cosa per farsi consolore ma presto si rese conto che quel dolore non spariva, invece cresceva. Si gettò in mare, lentamente affondò senza far ritorno. Tutti iniziarono a considerla una tragedia e piangere la sua morte. Il padre la fece cercare per mesi e le persone che la conoscevano restavano sconvolte alla notizia, lo stesso capitano venne ricercato, ma già era partito dall'egitto.

Mesi dopo accadde qualcosa che nessuno poteva spiegarsi. Ancora oggi restiamo increduli alla cosa, ma sappiamo che il giorno che Zaccheo poté mostrare il suo figlio al villaggio della sua isola, un canto pervase quel abitacolo. La voce erano soave tentazione e nessuno poteva evitare di andare in spiaggia a vedere, compreso Zaccheo. Videro una donna bellissima sopra uno scoglio. La sua pelle era lievemente azzurra, le sue labbra viola e i suoi occhi completamente bianchi. La cosa più sconvolgente era che al posto delle gambe, aveva delle pinne di pesce. I suoi occhi non erano più amorevoli, ma erano erano vuoti verso quel uomo che tanto amava....

Era colei che chiamavano la sirena...

(ArKaVaReZ)