"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

mercoledì 8 giugno 2011

Mario.

Stai calmo adesso, Mario.
Non ti chiedere che ci faceva quella macchina contromano alle quattro di mattina.
Davanti a te, poi. Non te lo chiedere, non più. Ti piaceva l’estate di notte, ma quella piace a tutti, in moto soprattutto. E’ andata così, e tu non devi pensarci più.
E stai tranquillo, Mario. Io lo so com’è. Oddio, a dire la verità al momento ne sai più tu, ma io so com’è da fuori. Da vivi, intendo. I muri sono grigi, l’ambiente è silenzioso. Le sedie sono quelle di legno, vecchie di tanti e tanti anni. La gente non parla, senti solo il calpestio dei tanti tacchi: di cuoio, di gomma, di legno e persino di metallo. Stai tranquillo, saranno passi silenziosi, in ogni caso. Alcuni di loro indosseranno facce scure di circostanza, come fossero ad un funerale. Ora che ci penso, saranno ad un funerale. Ma molti, quasi tutti, calzeranno la loro vera faccia, e le loro vere emozioni. Rabbia, tristezza e qualcuno anche vergogna. Sì, perché, quando si resta fra i vivi, a volte si prova vergogna per la fortuna sfacciata che ci ha risparmiati.
E si siederanno tutti, e tutti aspetteranno e nessuno saprà esattamente cosa.
Poi comparirà un omino basso, piuttosto in carne, con pochi, pochissimi capelli e tutti bianchi.
A bassa voce chiederà a tua madre e tuo padre se può procedere. Già, per accendere il forno ci vuole un ultimo assenso.
Allora l’omino sparirà dietro a un muro, e tornerà col tuo corpo. Quel corpo che tutti stanno piangendo ora, e che nessuno vedrà, perché sarà al caldo del mogano. Sarai in una bara, su un carrello di acciaio. L’omino accosterà il carrello alla bocca scura del forno; otterrà un cenno di tuo padre e spingerà lentamente la tua bara sul piano di acciaio. Si aprirà una tagliola, piccola a sufficienza perché tu possa scivolare attraverso l’apertura e scomparirai lentamente, inghiottito nel buio. Lui richiuderà la tagliola con un clang di metallo su metallo. E nessuno saprà più niente di te.
In sottofondo si accenderà un rumore cupo per l’udito, e assordante per il cuore. E mentre brucerai, nessuno vedrà. Ci sarete solo tu e tutti quelli che ci sono passati prima di te. Ma nessuno di noi vivi sarà lì a tenerti per mano, Mario.
E tutti gli sguardi dei vivi stringeranno le pupille per tentare di attraversare quel muro di mattoni e metallo, per guardare lì dentro, per sapere com’è. Ma nessuno di noi vivi lo saprà mai, finché restiamo vivi.
E poi diventerai cenere. Biblico, lo so, ma è così.
Io sono ancora fra i vivi, Mario, e non posso tenerti per mano. So che molti lo staranno facendo al posto mio, e meglio di quanto io, e tutte le persone che ho intorno a me ora, potremmo mai fare. Per questo, Mario, io ora ti lascio andare.
Tu hai parecchio da fare e tante mani da stringere.
Ciao

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