"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

domenica 22 dicembre 2013

Una storia Natalizia legata ai pennelli con le setole di cinghiale


Dicembre del 1745. Parigi.

La giovane Andreina Bourbon, apprezzata pittrice di nature morte, decide di specializzarsi nel ritrarre angurie e cocomeri vari. C'è molta richiesta in tutta Europa per simili quadri, in Francia specialmente vanno forte i ritratti con cocomeri lunghi di provenienza americana. Andreina si iscrive ad un corso di pittura tenuto dal famoso Gustav Flaubert, a cui si deve il maestoso quadro le cocomeron jaune esposto al Louvre, oltre che la ritintura del garage di Napoleone. Andreina segue con profitto le lezioni, anche se molto faticose. Infatti in Francia è illegale usare i pennelli con i peli di cinghiale, si può adoperare solo il cinghiale. Si prende l'animale, lo si immerge nel colore e lo si strofina sulla tela.
Non è facile tenere in braccio una bestia dal peso minimo 80 kg, e molti degli iscritti schiantano a terra stremati dalla fatica. Il professor Gustav Flaubert li denigra, ridendo della loro debolezza. Per produrre bellezza bisogna saper soffrire afferma convinto, tirando loro calci negli stinchi e sputandogli addosso i semini dell'anguria. Alcuni degli iscritti chiedono indietro i soldi del corso, ma Flaubert li ha sperperati tutti comprandosi dei meravigliosi calzettoni alla zuava, una piccola mongolfieira e dei racchettoni da neve.
La giovane Andreina, praticando da anni la specialità atletica del lancio del peso, non soffre particolarmente a tenere un cinghiale in braccio. Spesso, per tenersi in allenamento, lancia uno degli animali a parecchi metri di distanza. Ciò nonostante essa è solidale con i suoi compagni, e decide di organizzare una riunione segreta per discutere il da farsi.
La fredda sera del 20 dicembre, mentre una tormenta di neve infuria su tutta Parigi, i superstiti del corso si ritrovano a casa di Andreina. Sono in dodici. Andreina, sgomenta, si rende conto di non avere pattine per tutti. Per fortuna, uno dei partecipanti della riunione è il fornitore ufficiale di pattine del Louvre, e si muove sempre col vasto campionario. Pattine per tutti. Risolto il problema, Andreina chiede la parola:
Amici! Compagni! Questa è una situazione insostenibile. Non possiamo continuare a dipingere a queste condizioni. Dobbiamo costringere il governo a rendere legale l’utilizzo del pennello con i peli del cinghiale, il futuro si muove in quella direzione!”
Applausi. Si leva una voce di dissenso:
Non acconsentiranno mai, le lobby dietro il mercato dei cinghiali sono potentissime, anzi ho saputo che vogliono spingere il governo a portare il peso minimo del cinghiale da 80 kg a 120!”
Fischi convinti. Prende la parola l'uomo delle pattine:
E’ una follia, in questo modo non potremmo curare le rifiniture, come potremmo mai rendere reali i semini dell'anguria? e le innumerevoli e meravigliose sfumature della scorza? come faremo? e poi, i cinghiali sono animali con poca pazienza, si rompono i coglioni, si spaventano ed emettono rumori molesti! Soccomberemo! Dobbiamo ribellarci!”
Applausi convinti. Chiede la parola un uomo dai baffi spioventi. Brusio in sala.
Forse potremmo trovare un compromesso. In alternativa si potrebbe infilare un bastone in culo ai cinghiali, sarebbe più facile usarli!”
Un cinghiale, infiltratosi alla riunione, emette un grugnito di terrore e si getta dalla finestra. La proposta è respinta unanimemente. Tutti sanno che questo provocherebbe una reazione degli animalisti, per non dire dei cinghiali che fuggirebbero oltre confine provocando un incidente internazionale con conseguente crollo in borsa e licenziamento in tronco di due milioni di lavoratori nel settore delle grucce per abiti, costringendo tutti ad andare in giro con le giacche spiegazzate.
E’ quasi mezzanotte, si decide di aggiornare la riunione e preparare una grigliata, ma proprio quando stanno per salare la carne irrompe la polizia, che arresta Andreina, unica a non nascondersi nel bagno delle donne, con l’accusa di istigazione alla rivolta e sequestra tutte le costate, lasciando però i salatini.
In questura Andreina si rifiuta di collaborare non confessando i nomi dei suoi complici, anche se ammette che tutti portano il 42 di scarpa. Dopo due giorni è rilasciata, con l’obbligo di presentarsi al comando di polizia ogni mercoledì e lavare tutti gli asciugamani della centrale.
La donna torna a casa infuriata, sa che qualcuno ha tradito. Sospetta di Gustave Flaubert e decide di affrontarlo. E' la notte di Natale, Andreina Irrompe nel suo studio senza bussare trovando il pittore in atteggiamento inequivocabile con un cinghiale maremmano dal peso approssimativo di 190 chili. Gustave cerca di negare, provando a nascondere l'animale sotto un tappetino, ma tutto è inutile e alla fine egli confessa in lacrime:
Si, Andreina, ho chiamato io la Polis. Non voglio che i cinghiali vengano tosati, io li amo così, selvaggi e liberi!” Quindi Gustav, indicando l'animale al suo fianco, afferma: “io amo questo cinghiale!”
L'animale si avvicina timidamente ad Andreina, e allungandogli una zampa, si presenta:
Piacere, Carlo”
Andreina, che è una donna a cui piacciono gli uomini villosi, e anche un po' strabici, capisce il loro folle sentimento e li perdona entrambi stringendoli forte, quindi esce dallo studio del pittore. E' una sera fredda, fiocchi di neve scendono densi sulla strada. Andreina guarda verso il cielo grigio e poi si domanda:
Ma questo racconto, che cazzo sta a significare?


mercoledì 11 dicembre 2013

katauta



tra cielo e terra
un silenzioso abbraccio -
neve neve e poi neve

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Il katauta è una  forma poetica giapponese che si compone di 19 sillabe così suddivise: 5-7-7 

L'immagine dal web è un dipinto di Hiroshige Utagawa 歌川広重 Utagawa Hiroshige  (Edo, 1797 - Edo, 1858) 

lunedì 2 dicembre 2013

La Casa



Era andato da poco in pensione e tornato al paese. Quella casa era stata una manna dal cielo, spaziosa e a poco prezzo. Certo, trascurata e dall'aspetto un po' sinistro, ma lui era appassionato di bricolage e con tutto quel tempo libero...
La prima notte, però, fu un disastro: porte che sbattevano, risate sataniche, rumore di catene, il letto che tremava... e alle quattro del mattino un quadro si staccò dal muro e gli crollò sulla testa.
La mattina dopo era incazzato nero.
Chiaro che la casa era stregata e per questo non costava una minchia. Chiaro che della cosa se ne fotteva. Figuriamoci se si faceva mettere sotto da qualcosa che non esisteva neppure.
Per quarant'anni aveva fatto l'addestratore di cani, per l'esercito e la polizia. Aveva imparato che esiste una regola universale per educare chiunque, cani, tigri o cristiani: premiali quando si comportano bene e puniscili quando sbagliano. Non vedeva perché non dovesse funzionare con quegli ectoplasmi del cacchio.
Prese una mazza da demolizione e scese nel seminterrato. Stando di fronte a una delle colonne portanti, si rivolse direttamente alla casa, ad alta voce: “Stanotte hai rotto i coglioni... ora vediamo chi rompe di più!” e giù una mazzata. Poi un altra, e un'altra. Sentiva il cemento vibrare sotto i colpi, mentre frammenti di intonaco schizzavano qua e là. Gli parve pure di sentire un lamento, un ululato basso, ma forse se l'era solo l'armatura di cemento che vibrava.
Bene -disse- per questa volta te la cavi con un calcio negli stinchi, ma vedi che non si ripeta più”
Quella notte dormì come un bambino, a quanto pare qualcuno aveva capito chi comandava.
Premiali quando si comportano bene, pensò, e si mise a dare l'impregnante alle perline di legno.
Ma sarebbe stato troppo bello pensare di aver vinto la guerra dopo una sola battaglia.
Qualche giorno dopo l'acqua raggelò mentre faceva la doccia, poi cominciò a colare sangue dal doccino. I pensili della cucina si spalancarono, spargendo il loro contenuto sul pavimento.
Gli saltò la mosca al naso, quella stronza di casa aveva esagerato: col cavolo che lui puliva quel disastro.
Guardò le previsioni del tempo, lo attendeva un fine settimana freddo ma soleggiato: perfetto.
Salì sul tetto e tolse tre metri quadri di tegole. Aprì le finestre e le bloccò con il filo di ferro. Poi scese in cantina e spense la caldaia. Infine disse forte e chiaro: “Io me ne vado a pescare due giorni. Quando torno dev'essere tutto pulito. Altrimenti il freddo che sentirai domani lo ricorderai con nostalgia” e per sottolineare il concetto mollò altre due mazzate alla solita colonna.
Mentre pescava pensava al vento di gennaio che gelava i muri, al legno degli assiti che si crepava, alla brina che ricopriva il piano di marmo della cucina. Soddisfatto, ridacchiava.
Quando tornò la cucina era pulita, nei pensili le scatole erano disposte per ordine di grandezza. Sistemò le tegole e fece andare al massimo il riscaldamento. Questa vola fu sicuro di sentire un sospiro di sollievo. Diede la cera ai pavimenti e promise ad alta voce di verniciare le persiane. Poi falciò il prato.
Sei mesi dopo, viveva nel paradiso degli amanti del fai da tè. Passava l'antiruggine sulle ringhiere, carteggiava i gradini in legno, sistemava i mobili traballanti. Intanto la casa, sotto le carezze del pennello, faceva le fusa con un rombo sommesso. La sera il letto lo cullava muovendosi dolcemente mentre una voce lontana gli cantava struggenti ballate. La mattina quando si svegliava i pavimenti erano sempre puliti e i piatti, che aveva lasciato sporchi nel lavandino, gocciolavano dallo scolapiatti, divisi per tipo.
Per niente al mondo avrebbe cambiato casa.