"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

mercoledì 8 giugno 2011

Colpo di fulmine


"Le voglio."
Queste sono le parole che mi sono sentita pronunciare.
Ero in giro per negozi con mia madre, lei voleva che mi comprassi qualcosa di carino da indossare domenica, al matrimonio di mia cugina. Purtroppo, il suo concetto di "carino" è distante anni luce dal mio. A lei piaccioni i vestitini colorati e svolazzanti, io invece indosso esclusivamente magliette abbondanti e pantaloni comodi, il tutto possibilmente in total black. Non mi sono mai chiesta se il mio abbigliamento in realtà mi piaccia, il fatto è che non posso fare altrimenti. Sono grassa, grassissima, una vera cicciona, non mi entra niente e fare acquisti per negozi per me è una tortura. In passato osavo provarmi qualche vestito ma, da quella volta che sono rimasta incastrata dentro una camicetta troppo stretta e ho dovuto chiamare mia madre per liberarmene, ho giurato a me stessa di non umiliarmi mai più così .
Ho solo quindici anni ma con questo fisico da vecchia carampana sembro più grande e, a volte, mi scambiano per la sorella brutta di mia madre. Già, mia madre, la donna perfetta, sempre truccata, pettinata e agghindata in maniera impeccabile. Mai che le avessi visto mangiare qualcosa degno di essere chiamato cibo. Sempre e solo verdure cucinate nei modi più insipidi e naturali.Non si rassegna all'idea di aver messo al mondo una cosa informe ed enorme come me ed è tutta la vita che tenta di farmi seguire una dieta. Ogni sera a cena si presenta con il foglio del nutrizionista e mi elenca le cose che mi toccherà mangiare. Io sbuffo, faccio finta di protestare, giocherello col cibo senza finirlo e poi mi alzo e, con la scusa di dover studiare, mi rinchiudo in camera mia a saccheggiare la mia scorta di merendine e patatine comprate coi soldi che le prendo dal portafogli. Riempirmi di schifezze è la mia droga, devo finire la scatola di merendine, il pacchetto di patatine, non posso avanzare niente. Quando sono strapiena i pensieri si placano, il cibo anestetizza i buchi di dolore che porto dentro e per un po' mi sento in pace. La sensazione però dura poco e presto mi devo mettere a caccia di nuovo. Il cibo mi ossessiona, è il mio primo pensiero al mattino e l'ultimo quando vado a dormire. Insieme allo studio è il mio unico amico. Mi piace studiare ma non mi piace andare a scuola. Non sopporto i miei compagni, cerco di tenerli a distanza e ci riesco piuttosto bene. Unica eccezione è questa Cinzia, vuole diventare mia amica, m'invita a uscire e non si lascia scoraggiare neanche dalle mie rispostacce. A scuola stanno organizzando la festa di fine anno e questa insistente ragazza ha già messo il mio nome nell'elenco dei partecipanti. Che palle!!!Non ho nessuna intenzione di andarci, anche se ci saranno gli studenti delle altre scuole e magari anche il mio vecchio amico Lorenzo che non vedo dai tempi delle medie. Chissà come sarà cambiato, chissà se si ricorderà ancora di me..
Persa nei miei pensieri sono inciampata in un gradino e sono quasi finita contro la vetrina del negozio di scarpe. Ho alzato lo sguardo e me le sono trovate davanti, circondate da anonime concorrenti, sembrava stessero aspettando me. Le ho fissate e per un attimo mi sono passate davanti agli occhi delle immagini di una ME diversa: allegra, colorata, sicura, circondata da amici alla festa di fine anno e con indosso quelle meravigliose scarpe.
"Le voglio."
Mia madre indicando le mie scarpe nella vetrina mi ha domandato allibita "Vuoi QUELLE?"Io ho fatto di si con la testa più volte, non riuscivo a parlare, mi scappava da ridere perchè la sua espressione era troppo buffa: occhi fuori dalle orbite e bocca spalancata come se le mancasse l'aria. Superato lo shock di sentire, per la prima volta, sua figlia chiedere di comprarle qualcosa di femminile, la faccia di mia madre si è allargata in un sorriso e prendendomi sotto braccio mi ha solo detto " entriamo".

3 commenti:

  1. che carino Sandra questo racconto, si legge d'un fiato!
    BACI MANU

    RispondiElimina
  2. Si proprio gustoso.
    Ma queste scarpe come sono?

    Ciao

    fra

    RispondiElimina
  3. Molto piaciuto! E perfetta l'immagine!

    RispondiElimina