"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

mercoledì 25 maggio 2011

Tacchi a spillo










Da bambina Alessandra era la più alta della classe. Tutto faceva prevedere che sarebbe diventata una stangona, e invece no: a 14 anni la sua statura si arrestò al metro e sessanta, e da lì non si schiodò più.
Lei, per la verità, non aveva il complesso dell’altezza. Era minuta, ben proporzionata, si piaceva così. Anche per questo indossava invariabilmente mocassini, ballerine, sneakers, infradito (d’estate) e stivali (d’inverno) del tutto privi di tacco, che accentuavano la sua aria sbarazzina e le calzavano a pennello. E poi, con quelle scarpe basse, si sentiva come Mercurio… con le ali ai piedi! Poteva correre quando vedeva arrivare l’autobus alla fermata e prenderlo al volo, senza rischiare di spezzarsi una caviglia per colpa dei tacchi. Poteva camminare agevolmente anche su un viottolo di sassi o attraversare il parco dietro casa senza affondare nel prato, perfino quando la pioggia lo rendeva insidioso come le sabbie mobili. Insomma, Alessandra aveva un rapporto idilliaco con le sue scarpe rasoterra e per nulla al mondo le avrebbe cambiate con un paio di “tacco 12”.
Eppure.... eppure anche Alessandra finì col cedere all’imperativo dei tacchi. Accadde quando aveva 27 anni. Sua sorella stava per sposarsi, lei doveva farle da testimone e non poteva sottrarsi all’obbligo di un abbigliamento chic. La commessa della boutique a cui si era rivolta le aveva consigliato un vestito semplice ma elegante, che rispecchiava i gusti di Alessandra. Ma al momento di abbinare le scarpe, la donna l’aveva squadrata dall’alto del suo vertiginoso tacco 14 fino al basso del misero tacco zero che lei aveva ai piedi, e le aveva detto con fare incredulo : “Non penserà di calzare delle scarpe così?” Alessandra fu colta alla sprovvista e, per la prima volta in vita sua, provò disagio con le sue ballerine piatte piatte . Si sentiva come una persona completamente nuda fra le altre vestite di tutto punto, o come se si fosse mascherata da Carnevale durante un funerale. Fu così che comprò un paio di sandali tacco 13 con un palateau di 2 centimetri e la mattina del matrimonio li indossò senza battere ciglio, rassegnata all’idea di dover fare la funambola per tutto il giorno.
Non appena mosse un piede davanti all’altro, ebbe la netta sensazione di non essere più lei. Era un’altra: niente più piccoli passi affrettati – come chi non ha tempo per frivolezze - ma un’ andatura lenta, morbida, femminile. I fianchi le ondeggiavano come quelli di una modella, la gonna svolazzava frusciando attorno alle sue gambe e lo sguardo…. lo sguardo spaziava compiaciuto 12 centimetri più in alto del solito, tanto che incappò dritto dritto negli occhi di Daniele, uno degli invitati, un pezzo d’uomo che mai lei avrebbe preso in considerazione prima di quel giorno.
I tacchi, oltre ad accrescere la sua altezza, facevano aumentare anche la sua disinvoltura. Si presentò con spavalderia: “Alessandra, sorella della sposa”, e fu facile stringere amicizia. Altrettanto facile fu, la sera stessa, stringersi fra le braccia di Daniele, senza porsi tante domande, senza chiedersi tanti perché, e accettare un appuntamento con lui per la sera dopo.
Il giorno successivo passò mezzo pomeriggio a fare shopping. Voleva essere all’altezza dell’immagine che Daniele si era fatto di lei. Alla fine optò per un tubino in seta che sottolineava la sua silhouette perfetta. Quanto alle scarpe, ne provò parecchie paia senza mai essere soddisfatta, ma alla fine …. eccoli: dei sandali elegantissimi, con un sottile cinturino attorno alla caviglia e un altissimo, sottilissimo tacco a spillo che la rendeva sexy dalla testa ai piedi… Era talmente “stregata” da quei sandali che uscì dal negozio indossandoli direttamente, con una strana, eccitante sensazione di leggerezza e di estraneità da se stessa. Camminò sovrappensiero fino all’angolo della strada, svoltò … e di colpo la vide: una donna in tutto e per tutto simile a lei, alla “nuova” Alessandra 12 centimetri più alta e più spavalda. L’abito che indossava assomigliava a quello che lei aveva appena comprato. Ai piedi, il suo stesso paio di sandali.
No, non era un riflesso della vetrina. Era davvero un’altra donna, una sconosciuta che tuttavia – con quel look - sembrava la sua fotocopia. Invece colui che le cingeva il fianco con un braccio e ammirava compiaciuto le sue gambe slanciate non era uno sconosciuto: era Daniele, lo stesso uomo con il quale anche lei avrebbe dovuto incontrarsi, qualche ora più tardi.
Fu così che Alessandra tornò con i piedi per terra e poco tempo dopo, dal suo metro e sessanta scarso, incappò nello sguardo schietto e scanzonato di Matteo: quello che per il primo Natale che hanno festeggiato insieme le ha regalato un paio di scarponcini Timberland rosa shocking , con la suola “carrarmato” e il pelo dentro.




(Immagine dal web)





4 commenti:

  1. Sembra la storia della mia vita. Amche io portavo i tacchi, ma poi ho capito che potevo farne a meno...
    rosco115

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  2. Ma dai..... questa non la sapevo!!!
    Me ne ricorderò al prossimo compleanno, per la biografia...

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  3. Premesso che mi piace, mi permetto di infilare qui alcuni suggerimenti del tuto personali. Spero che le critiche ti aiutino a milgiorare costantemente il tuo stile.
    1) Forse è voluto, ma il racconto non ha luogo e tempo definiti. Sarebbe invece meglio se ne avesse.
    2) Non riesco a stabilire se hai vouto essere divertente o malinconica. Ci sono entrambe le componenti, ma manca un taglio deciso allo stile della storia.
    3) Il finale amaro si riscatta in rosa con due righe e un regalo frettolosi, così come la figura di Matteo.
    4) In alcuni casi la storia non scorre, per la scelta di parole inadatte. rileggere, rileggere e ancora rileggere prima di pubblicare aiuta.

    Ma non smettere per nessun motivo. Mi sembra che tivenga facile scrivere.
    Ad majoram!
    Roberto

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