"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

lunedì 30 maggio 2011

Senza

La vena è quella delle considerazioni spicciole. Ieri sera si è alzato un vento senza ragione e senza origine nota. Sembrava correre da est, attraversare tutta la pianura, volteggiare intorno alle Apuane e buttarsi sul Tirreno per fermarsi forse in Corsica. Temperatura bassa, raffiche oltre i venti nodi e quella punta di umidità che basta a far sentire ancora più freddo.
Non ricordo primavere così poco ordinarie, non ricordo salti di vento, corse di nuvole e picchi di maltempo così frequenti. Ero abituato alla sicura mutevolezza, lenta e quasi impercettibile del cielo padano. Una settimana di grigio uniforme e tre giorni di sole pallido e tiepido. Così era e così doveva restare. Invece niente è più come prima. Nello spazio di una mattinata il cielo passa dall’azzurro al nero, l’asfalto dal rovente all’umidiccio e poi di nuovo caldo per il sole nuovo. E io ho perso le mie certezze, i miei riferimenti, la mia tranquillità.
Non ho il coraggio di schierarmi dalla parte dei colpevolisti e nemmeno da quella degli innocentisti.
Potremmo essere noi la causa di tutto questo, ma potremmo esserne semplicemente attori da cammeo. Non è questo il punto.
Il punto vero è che se vi fermate a guardare il cielo per tre ore, vi accorgete che l’equilibrio non esiste più. Basta una diminuzione della salinità dell’Atlantico, una piccolissima riduzione dell’uno percento, perché le coste del Portogallo, della Spagna, della Francia e dell’Inghilterra diventino fredde come l’Alaska. Basta un punto percentuale. Meno della metà dell’inflazione annua.
Basterebbe quello a metterci in ginocchio, a creare una catastrofe, a dare inizio alla fine.
E io aspetto quello. Una passata di ghiaccio su tutto l’emisfero boreale per dare inizio all’ultima danza di questa lunga festa. Io resto qui, in piedi con la faccia rivolta al vento, ad aspettare che arrivi la fine perché ci sia un nuovo inizio. Un inizio senza cemento, senza silicio, senza petrolio, senza filigrana. E senza capitale, senza lotta operaia, senza le scomuniche, senza i satelliti, senza le bombe artificiali intelligenti e senza quelle umane e deambulanti. Senza il potere, senza la giustizia e senza l’ingiustizia, senza la morale e senza gli amorali, senza la superficialità e senza il grande pensiero. Senza la religione che china la testa e senza quella che bastona le teste che non si chinano, senza il turismo intelligente e senza il turismo sessuale, senza l’amianto e senza la carta riciclata. Senza tabacco e senza oncologi. Senza guerra preventiva e senza pace duratura.
Senza niente. Senza neanche me, perché l’Alleanza non è più possibile.
Solo un leone che corre e una gazzella che scappa. Senza metafore.

1 commento:

  1. Colpita nel profondo dalle tue parole, da questo nichilismo che un po' mi affascina e un po' mi atterrisce.
    Quanto al tuo modo di scrivere... mi piace tantissimo!

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