"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

lunedì 30 maggio 2011

SCARPE SCOMODE

Finalmente era a casa. Si era buttata sul divano e si era tolta immediatamente le scarpe lanciandole sul tappeto, prima una poi l’altra.
Le avevano fatto male tutto il giorno ma erano quelle eleganti che metteva
col tailleur quando aveva le riunioni coi venditori. Mentre parlava Spanzani, se le era anche sfilate per un po’ sotto il tavolo della conference room, provando un piacere sottile, un benessere momentaneo, sottolineato da un sospiro profondo e involontario.
Non era serena, lui non stava bene e il pensiero andava sempre là. Non si sentivano da un po’, la cura contro l’amore infelice non si poteva interrompere ma tanti anni insieme non si cancellano e l’aveva chiamato.
L’aveva ascoltato parlare per venti minuti filati, a fatica era riuscita ad infilarsi ogni tanto nel fiume di parole che arrivavano dal telefono per dire qualcosa anche lei , ma aveva avuto la sensazione che quelle brevi interruzioni lo infastidissero per la paura di perdere il filo del discorso o di dimenticare qualche particolare.Poi una chiamata sotto aveva fatto finire la conversazione bruscamente. In fondo, quello che lui doveva dire era stato detto. La telefonata poteva terminare.

Era rimasta così, col cellulare in mano per qualche secondo, sospesa tra un prima e un dopo, in un tempo irreale. Si ricordò improvvisamente che aveva un appuntamento con l’agenzia immobiliare, allora si era infilata di nuovo le scarpe scomode, aveva preso la borsa, le chiavi della macchina ed era scesa di corsa.

Mentre guidava si sentiva inquieta, una sensazione imprecisa ma crescente come di marea che saliva dalla pancia la opprimeva. Dentro di lei c’era un flusso continuo di pensieri che non poteva controllare, un ritorno infinito di immagini, ricordi, voci e poi, all’improvviso, aveva capito. Tra tutte quelle parole al telefono non c’era stato posto per un semplice “tu come stai?”, un piccolo segno di interesse anche per la sua di vita, una minima curiosità per il suo quotidiano, per le sue difficoltà, e fatiche e momenti bui, nessuna solidarietà tra naufraghi.

No, nessun “tu come stai”. Non c'era stato spazio e tempo per lei.

Si ritrovò con quelle lacrime silenziose e stupide che le scendevano a tradimento sulla faccia. Era arrivata alla ragione profonda di quel pianto ribelle e ad una rivelazione: che c’è sempre una ragione precisa dietro ad ogni evento e quella ragione adesso stava lì, in tutta la sua chiarezza, riaffiorata da sotto cento strati di sensi di colpa dove lei stessa l’aveva nascosta.

Ferma allo stop del viale alberato che portava al parco, incrociò il suo stesso sguardo nello specchietto retrovisore, quella donna riflessa la stava guardando con occhi diversi questa volta, meno accusatori del solito.
Aveva fermato la macchina al bordo della strada, la luce era veramente una meraviglia in quella sera di inizio estate. Era scesa dall’auto per guardare di più, si era tolta le scarpe e si era seduta nel prato, le mani e i piedi nell’erba fresca e gli occhi persi nel cielo rosa. L’agenzia poteva spettare..come tutto il resto.


Scritto da FULVIA LIVIERO

4 commenti:

  1. bello fulvia! e "da adesso in poi..." canta ligabue. Scrivi, scrivi che ti viene proprio bene

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  2. Bello bello .... esistono persone che sono così prese dal proprio malessere che non si rendono conto di ferire altre... esistono persone così insicure che non sono in grado di ribattere e difendersi al momento... capita spesso.. forse bastava chiarire con coraggio. ... tutti hamno dei lati oscuri ... farli notare e' un aiuto comune. così si costruisce il quotidiano se si scappa e ci si arrende ... e' solo distruzione. a meno che non ci sia una scelta di fondo inconscia... comunque sia ascoltare e' una dote... saper esprimere un'altra. ... Ascoltare cher baker puo' aiutare a capire... per chi lo puo' sentire... altrimenti ligabue e' piu' diretto sicuramente.

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  3. Innanzi tutto penso che ligabue esprima piu' che chi hai nominato tu.. e' un grande. In secondo luogo ctedo che il malessere espresso dall0autrice evidenzi un'aspettativa mai appagata che le abbia fatto scegliere una strada. certo sarebbe curioso sapere chi e perche' dall'altra parte si sia comportato in modo così stronzo.. ahahah ... nel prossimo racconto ... potrebbe essere uno spunto per il proseguimento della storia. brava bel racconto...

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  4. Togliersi le scarpe scomode... sarebbe la cosa più ovvia, anche se a volte esitiamo. Però poi che bello starsene con " le mani e i piedi nell’erba fresca e gli occhi persi nel cielo rosa" !
    Bel racconto, Fulvia!

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