"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

sabato 21 maggio 2011

Post-mortem.

Salgo i gradini due alla volta con l’affanno del fumatore e la mole del sedentario.
Otto piani da qui a casa di Marta e ho scordato di prendere l’ascensore.
In questi giorni mi ritrovo in situazioni ridicole che non so nemmeno spiegare. Una persona normale può scegliere di prendere un ascensore come può decidere di farsi otto piani a piedi. Non può semplicemente scordarlo.
Mi fermo al quinto piano, soddisfatto per le rampe che ho lasciato dietro e mi accorgo che nella fretta ho rovinato una scarpa contro un gradino. Un’imprecazioe risuona per tutto il palazzo, ma credo che nessuno mi abbia sentito. Affronto gli ultimi tre piani con calma perché odio arrivare da Marta col fiatone. Manca l’ultima rampa e già sento gli odori che arrivano dal suo appartamento.
Sono tre anni che sto con lei e ogni domenica al settimo piano sento lo stesso odore di cassuela. Credo si faccia con parecchie verze e pochi soldi. Non l’ho mai assaggiata, sempre con la scusa di una fastidiosa allergia alimentare. Oggi non toccherò nulla, ho un molare che urla perché ieri ha avuto un contatto ravvicinato con il trapano del dentista. Al solito suo promette pochi minuti indolori e regala invece imperdibili week end di pulsazioni sulla tratta dente-cervello. Ma oggi non ho tempo di pensare nemmeno al dolore. Oggi no. Non al mio, per lo meno. Non riesco a premere sul campanello. Lo guardo fisso e nel frattempo sono altrove. Sono nella stanza di una clinica insieme a Marta. Mi guarda nell’istante prima di essere addormentata. Mentre l’ago del sonnifero le scivola sotto la pelle, io sento una lama che mi trafigge il fianco. Ce l’ho portata io qui. L’ho spinta su quel letto, lo sta facendo per me. Ha accettato di abortire solo perché io non mi sento pronto. Solo perché io sono un trentenne che non vuole pesi. E un figlio è un peso. Soprattutto dentro questa clinica. Ma in questo momento un figlio è solo una lama fredda nel fianco.Riapro gli occhi proprio mentre il mio indice preme sul campanello. Marta apre la porta e dal suo sguardo capisco che nemmeno stanotte ha chiuso occhio, ma che la madre non sa ancora nulla. Mi dice sottovoce che dovremo parlarne con lei oggi stesso. Io sono frastornato da tutti i dolori che ho scoperto di poter provare. Annuisco senza sapere cosa dirò.
In pochi minuti mi passano davanti gli odori di quella casa, il profumo di Marta l’estate scorsa, le rughe di sua madre e le mie pulsioni incontrollate che hanno tracciato questo solco. Mi assale una paura irrazionale, paura della scelta che abbiamo preso, paura che quando sarò morto incontrerò quel figlio che ho ucciso e lui chiederà vendetta. Paura che tutti i miei peccati siano lì ad aspettarmi per rendermi orribile l’eternità della morte. Vorrei dire a Marta tutte queste cose, ma mi prenderebbe per pazzo.
Preferisco ingoiare, seppellire sotto strati di vita quotidiana e tentare di dimenticare.
Dimenticare persino che, anche se per un solo momento, ho avuto la tentazione di diventare un padre e mi sono trasformato in assassino.

2 commenti:

  1. E' raro sentir parlare di un aborto "dalla parte di lui". Ed è ancora più raro, per una donna, non provare un sentimento d'odio per l'uomo, che viene vissuto come il colpevole di questa "ferita", anche se la decisione è condivisa. Eppure mi sono ritrovata a provare solidarietà e comprensione anche per il compagno di Marta, non soltanto per lei. La sua disarmante sincerità e le sue paure lo rendono terribilmente umano! Davvero bello il tuo racconto, Riccardo. Mi è piaciuto molto. flavia

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  2. Sono d'accordo con Flavia, ci sono dolori che sembra possano appartenere solo alle donne. Bello!
    Susanna

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