"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

mercoledì 12 ottobre 2011

Milos e la sua nuova casa

ET, ve lo ricordate? Persino ET aveva una casa, lontana, tanto lontana, che però è riuscito a raggiungere con l’aiuto di un umano, un bambino. Forse il regista ha voluto che quell’ aiuto arrivasse da un bambino perché meno diffidente più curioso e senza filtri nei confronti di ciò che non conosce. Ve l’immaginate quel piccolo mostriciattolo se fosse stato incontrato per primo da un adulto? Quasi certamente non ci sarebbe stata storia. E noi non avremmo quel dolce ricordo di un codazzo di biciclette volanti illuminate da una Luna che come un faro indica la via …. quella di casa. Certo lui è stato fortunato, insomma anche se non avesse ritrovato il modo di tornare lassù una nuova casa cmq l’aveva trovata, proprio come il mio amico Milos. Beh lui a casa sua adesso non ci vuole tornare. Arriva dal Kosovo, ha 42 anni ed è il maritino di mia sorella Serena. Si sono conosciuti ad una serata organizzata da un associazione che si occupa di rifugiati politici, immigrati extracomunitari. Insomma doveva essere una serata di integrazione; riuscita in pieno direi. Credo che lui sia felice, adesso. Della sua vita Milos racconta molto poco. Della guerra, che ha toccato in prima persona, nessuno di noi osa chiedere e , nemmeno lui , lo si avverte, ne parla volentieri. Una cosa però l’ha raccontata. Il suo viaggio per fuggire da là. Da una casa, da dei luoghi che lo avevano accolto, accudito da bambino, ma che adesso gli si rivoltavano contro, luoghi che non riconosceva più nè come amorevoli né come amichevoli. Racconta della sua fuga verso la salvezza, quella che ti permette di sentire una ferita dolorante se sei stato colpito, di sentire la sete se non bevi da giorni e di sentire i morsi della fame perché non hai avuto la possibilità di mangiare niente che non fosse aria da giorni. Scappò, per salvarsi la vita, quella vita là. Quella più animale. Non era da solo Milos, lasciò madre, dei fratelli, fuggì con altri amici, senza una vera meta. Di corsa là fuori, lontano dai confini del fumo, della morte, degli spari , della violenza. Non un documento in tasca, nessun indirizzo, nessuna raccomandazione e poco pochissimo danaro nelle sporche ed inutili tasche. Niente di niente solo una giovane vita da portare in salvo. Milos racconta, e non dimentica, non lo dice ma è cosi, gli sguardi di disapprovazione o di pietà incontrati, ricorda la paura di essere preso dagli agenti, in gruppo fermi magari a bere un caffè al solito bar del paese. Quale paese poi? Per questo quando ne incontravano qualcuno in “perlustrazione” si separavano senza sapere se si sarebbero incontrati, di sicuro non li avrebbero presi insieme. Una frazione di un paesino può sembrare una grande città se non ci sei mai stato, se se sei un clandestino e se non capisci un accidenti della lingua che senti o che riempie i manifesti pre elezioni di volti perlopiù maschili che sono appiccicati ovunque ti giri. Anche nel suo paese a pensarci bene prima dello scoppio della guerra c’era qualcosa del genere. La sua vita è cosi piena di avvenimenti assurdi per la sua età, per l’epoca in cui viviamo. Insomma non parlo del mio bisnonno, parlo di un uomo mio coetaneo, uno che dovrebbe aver avuto più o meno le stesse esperienze ed invece … Come ho iniziato? Ah, stavo solo guardandolo lavorare sul quel tetto, lui le case le costruisce, quando mi è venuto in mente ET l’extraterrestre ed il mio amico Milos, ho cominciato a pensare alla sua vita, al concetto di casa e a quanto poco valga averne una in muratura, in paglia, di lamiera o come carapace se non hai nessuno che ti accolga, come amico, come amore, come essere umano, come essere vivente, nessuno che ti abbracci, che ti capisca anche se non parli la sua stessa lingua o che stia con te lì in quel momento senza fare o dire nulla , solo accanto a te, quando non ti senti più, quando non senti più di appartenere a nessuno e in nessun luogo.


Pubblicato da FRANCA FIORE

1 commento:

  1. brava Franca, bella questa idea di E.T.
    ECCOSICHESIFA!
    Manu

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