"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

sabato 15 ottobre 2011

Home sweet Home

Casa dolce casa. Sì: è questo che si pensa tante volte, quando finalmente si rientra esausti, carichi di borse, giacche, maglioni perché con questo tempo non si capisce più niente.. alla mattina.. il gelo polare; al pomeriggio.. un caldo infernale.. E noi rincasiamo, stanchi e stressati, con le braccia cariche neanche fossimo venditori ambulanti, e per un attimo, per un breve sublime istante, quel piccolo o grande nido accogliente ci sembra un paradiso. Un paradiso, sì, che a poco a poco si trasforma in inferno mentre i suoi demoni, rinchiusi a chiave in un cassetto o dietro una porta, si risvegliano.
Casa. Amata e odiata casa. Quante volte vorremmo scappare lontano; prendere e uscire e metterci alla guida, senza meta. Soli, soli con la nostra voglia di andare. Con l'orizzonte negli occhi e l'illusione di catturare quei sogni. Eppure è lì – Casa – è sempre lì che vorremmo tornare quando siamo lontani. E non importa che siamo in un'aula di scuola o in un cubo d'ufficio o dall'altra parte del Globo, quello che conta è che ci manca Casa. Casa Nostra. Quel nido accogliente dove si attacca furiosa una parte dell'anima ogni mattina quando varchiamo la porta per andare incontro al mondo.
Casa.
Casa non è un edificio; non è quel quadrato bianco con un triangolo rosso sul capo che disegnavamo all'asilo; non è tutto quello spazio che piccolo o grande hai curato, arredato, pulito, cambiato, ammirato. No: Casa è un qualcosa di tutto questo. E' un dettaglio, è QUEL dettaglio, che rende quel posto il TUO nido, il TUO rifugio, il TUO posto. Casa è una coperta, un cuscino; è quel peluche immenso che hai su una sedia accanto al letto, e anche se sei diventato grande ti fa sentire ancora quel fremito di quando eri bambino. Casa è un oggetto, una parete, un dipinto; una scelta che fa tuo quello spazio. Ed è quel dettaglio, ciò a cui pensi ogni volta che sei lontano e vorresti trovarti lì: nel tuo rifugio, pieno dei tuoi demoni e delle tue tristezze.
Ho un ricordo del mio periodo di adolescente convinta, di quando volevo dimostrare al mondo di essere a qualcuno andando a ballare in discoteca. File interminabili di coda, perennemente – non si capisce poi perché- sotto una pioggia infernale; il carnaio all'ingresso, il prezzo che non è mai quello previsto; le lotte e i gomiti nelle costole al bancone per le borse e i giubbotti.. L'ho capito subito che non faceva per me quell'ambiente, e perennemente arrivava un momento in cui, per vincere lo sconforto, immaginavo. Immaginavo casa mia, immaginavo che la serata fosse finita. Di più: mi immaginavo sotto il mio piumone caldo e variopinto, nella penombra della mia stanza. Ecco: immaginavo la mia casa, la mia camera; quel raggio di sole o di luna o di polvere di stelle, che ogni giorno, indipendentemente dall'ora, buca la persiana e colora di polvere sospesa il torpore del mattino.
Questo è casa mia: un dettaglio. Un filo che tiene insieme tutto il resto, tutti i singoli particolari fortuiti o accuratamente scelti. Come quando da piccoli si univano i numerini sulle riviste per scoprire l'immagine. Così mi piace immaginare il mio nido: come un puzzle che si compone di innumerevoli piccoli pezzi; come un incastro che racconta una vita. E in questo incastro, non può mancare un elemento fondamentale: il motore amore.. La mia mamma, il mio filo intrecciato. Lei è casa, e l'odore del suo golf beige larghissimo che tiene caldo d'inverno; l'odore che mi lascia addosso la mattina quando mi abbraccia prima che esca. Pensare a “casa” è pensare a mia madre, perché senza di lei le silenziose parole sussurrate dalle mura alla notte..avrebbero un suono completamente diverso.

Francesca Casagrande.

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