"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

sabato 26 novembre 2011

RICOMINCIARE



Ora vivo qui, in questo paese che mi somiglia come non avrei mai immaginato. Qui la gente è riservata e taciturna per natura, ma capace di solidarietà sincera e senza fronzoli.
Io, riservata e taciturna la sono diventata molto tempo prima che arrivassi, per necessità o forse per istinto di sopravvivenza. Giorno dopo giorno mi sono esercitata a ricacciare indietro le parole e le emozioni, spingendole a forza giù nello stomaco, ad ingrossare quel mare interiore di paura, squallore e dolore. Ero consapevole del fatto che il diventare una presenza silenziosa mi avrebbe resa lentamente invisibile cosicché della mia mancanza ci si sarebbe accorti poi, quasi per caso. E così è stato.
Quando sono arrivata devo avere avuto negli occhi lo sguardo di è scampato alla burrasca, una naufraga della vita devo essergli sembrata.Mi hanno accolta senza fare domande, semplicemente come si fa con una figlia lontana tornata da un lungo viaggio e adesso vivo qui, da un anno, 2 mesi e 13 giorni.
Ogni volta che posso, quando il mare è tranquillo e non lavoro, prendo la barca. Remo con il ritmo che il mio sentire naturalmente impartisce ai remi e ascoltando quella musica di acqua rotta e silenzio, raggiungo un posto impreciso e me no sto lì, a guardare e respirare. Mi sdraio e guardo in alto, perdo lo sguardo nel cielo, non riconosco più i confini, il tempo si ferma, divento aria.
Qualcosa poi mi riporta alla dimensione umana..il volo degli uccelli...un soffio di vento....la scia di un aereo. Allora mi rialzo ma ancora guardo. Guardo avanti e vedo il paese e la mia nuova casa, stretta tra le altre; vedo la finestra aperta della mia stanza da letto che non chiudo mai del tutto nemmeno di notte perché nel silenzio il mare, con il rumore del suo movimento e quel suo odore - alchimia di acqua, arie e sale - mi porta lontano e mi aiuta a dimenticare; vedo il muretto di sassi che costeggia la strada che porta su verso il centro del paese e vedo gli arbusti che crescono tra le pietre; vedo la chiesa, il campanile, il verde degli ulivi, i terrazzamenti coltivati e la costa della montagna che si staglia alta contro il cielo.
A volte mi volto indietro e vedo la ferrovia che mi ha portato qui, una mattina di fine inverno. Quando ho preso il treno, il primo in partenza, non sapevo ancora quale sarebbe stata la mia meta, sapevo solo da cosa stavo scappando e che non sarei tornata indietro mai più.
Dal finestrino mi sono sfilati davanti prima i palazzoni della città che si affacciano sui binari, poi la periferia di capannoni, i depositi di auto da demolire, le baracche e gli orti tristi, infine il paesaggio si è aperto sulla campagna con le sue cascine dal fascino antico e i filari di alberi a delimitarne le proprietà e poi spazi aperti e luce. Mi sono riempita gli occhi di tutta quella bellezza pacifica e perfetta e anche il dolore alla schiena, al braccio e alle gambe dove avevo preso pugni e calci, gli ultimi, sembrava fare meno male.
E' arrivata la collina, poi le gallerie e improvvisamente, un bagliore accecante: il mare. Ho visto arrivare il paese subito dopo la curva della montagna e ho sentito che forse potevo ricominciare da lì. Ho preso in fretta la valigia e quando il treno si è fermato sono scesa.

7 commenti:

  1. Bellissimo, potrei rileggerlo mille volte e provare sempre quel senso di serenità, di libertà, di vittoria, che trasmette il finale. C'è un'anima libera in questo racconto che si snoda dal giogo della vita e trova la sua strada, in Compagnia della sua Solitudine, nell'alchia di acqua aria e sale.
    Brava Fulvia, brava. <3
    Francesca

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  2. ....la voglia di RICOMINCIARE,quella sensazione di leggera felicità per un nuovo inizio alla vita...brava Fulvia

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  3. "A volte mi volto indietro", hai scritto. Ma "quando il treno si è fermato sono scesa", hai concluso. Dimenticare non è facile, le fughe comportano tristezza, ma davanti c'è il mare, con il suo bagliore accecante... e una volta scesi dal treno, è nuova luce.
    Bellissimo, Fulvia, questo racconto. C'è dentro tutto un mondo di sentimenti e di emozioni. Ed è scritto molto, molto bene.
    Flavia

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  4. Brava Flavia, una donna con in mano la sua vita.
    Manu

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  5. Fulvia.... è bellissimo: intorno alla decisione di andare, il viaggio dai palazzoni al mare, il respiro e poi mettersi là come un puntino su quella barca fra la terra e il cielo, guardando la tua nuova casa dove scegli di tornare.... bellissimo BRAVA
    Nadia

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  6. Fulvia é fantastico! colpisce al cuore, direttamente.
    Francesca

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