"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

sabato 12 marzo 2011

Segnalo un'autrice contemporanea - Ljudmila Ulickaja - che si innesta nella grande tradizione dei classici russi.

Nata a Dablekanovo, nel 1943, cresciuta a Mosca, dove vive, è studiosa di genetica. Autrice di testi teatrali e di romanzi, è stata tradotta e pubblicata in numerosi Paesi. Per molti anni ha diretto la sezione letteraria del Teatro da Camera Ebraico di Mosca. È membro del Parlamento Culturale Europeo. Le sue opere sono tradotte e pubblicate in trenta paesi. In Italia sono pubblicati i romanzi Funeral party, Le bugie delle donne, Il dono del dottor Kukockij , Sinceramente vostro, Shurik, Daniel Stein, traduttore. Quest'ultima opera, del 2006, è diventata un best seller in Russia: 250.000 copie vendute nei primi quattro mesi dopo la pubblicazione. Oggi però desidero introdurre quest'autrice con Il dono del dottor Kukockij, con il quale la Ulickaja ha vinto il Booker Prize russo nel 2001.

Ecco il commento al romanzo di Marcello Brignone, da russianecho.net - sito di informazione e cultura russa.





Il dono del protagonista Pavel Kukockij è la sua “visione interna”, la capacità di vedere dentro il corpo umano, una dote senz’altro straordinaria che lui, medico di grande sensibilità e altruismo, sfrutta per aiutare le donne nel suo lavoro di ginecologo. Durante la seconda guerra mondiale, il fato riserva a Pavel l’occasione di mettere a frutto questa sua capacità con una donna, Elena, alle prese con una gravidanza difficile: la bimba, nata grazie a lui pur fra mille difficoltà, diventa la figlia che Elena, rimastagli accanto, non potrà più dargli e sulla piccola Tanja egli riversa attenzioni e cure, ma anche grandi speranze. Nulla però andrà come auspicato: mentre gli anni trascorrono e il terrore staliniano lascia il posto alla cronaca misera e un po’ ridicola dell’epoca brezneviana, Pavel è costretto a diventare un alcolizzato per proteggere se stesso e i suoi cari, il rapporto con la moglie Elena si incrina e Tanja, pur dotata di talento, rinuncia agli studi che Pavel aveva in mente per lei e si allontana da casa. L'armonia familiare lentamente si sgretola e ciascuno dei suoi membri finisce con il rinchiudersi - più o meno volontariamente - in un proprio guscio, che sia la cecità o l'alcol, la perdita di memoria, la passione per la botanica o la ricerca di un vivere diverso e meno conformista; l’ultimo tentativo di Tanja, finalmente felice nella sua nuova dimensione, di rimettere ordine nella vita dei suoi cari è però vanificato da un drammatico epilogo. Il finale che la Ulickaja riserva alla sua storia lascia l’amaro in bocca e sembra quasi voler dare ragione all'ardita teoria genetica del professor Il’ja Goldberg, il miglior amico di Pavel Kukockij, secondo cui, dalla rivoluzione in poi, il popolo russo è andato radicalmente trasformandosi – e non certo in meglio: poiché la stessa Autrice è una genetista, possiamo immaginare che, in qualche momento di sconforto abbia magari pensato che la teoria, per quanto improbabile, possa avere una sua valenza...
Il romanzo è la storia di una famiglia “allargata” e diversa sotto tanti punti di vista, figlia della rivoluzione e della guerra, una vicenda corale - nonostante la scelta di un personaggio chiave maschile, Pavel: un altro “fallito coi fiocchi”, secondo l’azzeccata categoria proposta da Azar Nafisi, l’autrice di “Leggere Lolita a Teheran”, che, pur di difendere la propria integrità morale, rinuncia non solo al proprio buon nome creandosi una fama di alcolizzato, ma anche all’intesa con la moglie Elena, pesantemente apostrofata durante una discussione sul tema dell’aborto. Dicevamo, un racconto corale e, naturalmente, costruito molto al femminile, perché le donne del romanzo: Elena, Vasja, Tanja, la stessa Toma - la “privilegiata”, l’unica che sembra appartenere davvero al nuovo popolo sovietico - hanno tutte una loro storia nient’affatto secondaria, ed è anzi attraverso i loro occhi e le loro disavventure che percepiamo la storia maggiore, quella di un popolo e della sua gente dalla rivoluzione agli anni sessanta: emoziona, ad esempio, il racconto delle due ragazzine in viaggio per assistere al funerale di Stalin e quasi travolte dalla terribile onda umana che si abbatte distruttrice sulle strade della capitale.
Lascia invece un po’ perplessi la scelta da parte della Ulickaja di dedicare l’intera parte centrale del romanzo a una rappresentazione onirica dei suoi personaggi attraverso la lente deformante della mente di Elena, in balìa di un morbo che la priva della memoria, ma nonostante quello che ai nostri occhi potrebbe essere un limite – e il condizionale è d’obbligo, giacché un giudizio preferiamo lasciarlo a critici più competenti - il “Dono del dottor Kukockij” resta un romanzo intrigante e che vale sicuramente la pena leggere. (
Marcello Brignone )



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