"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

martedì 19 luglio 2011

IL SAPORE DEL SOLE.

 Il cioccolato nausea prima di saziare. E' un bene, che se vai oltre arriva la caghetta. La dispensa contiene milletrecento tavolette al latte più numerose confezioni di cioccolatini, compresi gli scioglievolissimi ovetti Lindor della Lindt e gli insuperabili Baci Perugina. Scarto una mozartkugeln, la faccio rotolare in bocca, lascio correre pochi interminabili secondi, poi la trituro in fretta, operoso, fingendo di assaporare il cuore di marzapane e gli strati sovrapposti di crema di nocciola e cioccolato, ingoio. Bevo un sorso d'acqua, gassata, quattromilaottocento litri contenuti in tremiladuecento bottiglie da un litro e mezzo accatastate in una stanza tutta per loro, in confezione da sei, con accluse le Cartoline della Fortuna tutte regolarmente compilate e già spedite. Si può vincere una vacanza in Thailandia ed un mucchio di premi minori. Chissà se poi faranno l'estrazione. Se non dovessero consegnare i premi, neppure qualcosa di sostitutivo nel caso la Thailandia di fatto non esista più, sarebbe disonesto, lesivo della fiducia dei consumatori nei confronti delle grandi marche, un cattivo affare per chi investe milioni in pubblicità. Scarto un Mon Cherì, forse il preferito da mia moglie Lucrezia, mentre scivola grasso fra le labbra la nausea mi provoca un breve reflusso. A pensarci tutto ciò è disgustoso, dieci cioccolatini fa' ha smesso di essere un piacere, è diventato un dovere, ora è un supplizio.
Mi muovo a vanvera, tocco il termostato, accendo e spengo le luci della stanza, quindi mi do una regolata ed una direzione, infilo le mani in tasca, esco dal bagno e percorro il breve corridoio che conduce alla stanza centrale, quella dei giochi.
Ancora prima di entrare sento urlare, Maicol sta surclassando Fede in uno stupido gioco alla Wii, vince chi affetta la verdura più veloce. Se gli chiedessi di farlo in cucina mi manderebbero a cagare, non avrebbero il tempo, per questo mangiamo scatolette e piatti già pronti. Lucrezia sa lavare i piatti, stirare, riassettare, non sa cucinare, Penelope ha paura di rovinarsi lo smalto delle unghie o dio non voglia spezzarsene un paio, poi non sa fare nulla, e se pensate a me io sono un impiegato di concetto, un dirigente per dirla tutta. Ho studiato tanto, e per arrivare dove sono arrivato ho lavorato anche la notte mentre la maggior parte di voi si faceva le pippe o si dilettava a fare la troietta alle feste in casa di amici.
Li osservo per un po', Maicol arriccia le labbra in modo speciale mentre in piedi contrae le spalle per lo sforzo e serra le mandibole, il viso arrossato, le gote gonfie, le lentiggini che sembrano sul punto di esplodere e decollare. Fede no, lui è rilassato, gioca, intanto fuma, beve e ghigna, sprofondato nel divano, con la barba vecchia di giorni e i vestiti sgualciti e macchiati di sugo. Maicol è mio figlio, ha otto indomabili anni, Fede ne a trentaquattro, è mio fratello, che Lucrezia sempre puntigliosa ancora chiama per intero, Federico, per sottolineare la distanza che corre fra lei, bennata borghese ancor meglio educata, e lo stato sub umano vegetalalcolicodepravatodrogato di lui. Secondo Lucrezia il suo è un atteggiamento positivo e progressista, funzionale all'evoluzione di Fede, un attestato di fiducia nella possibilità che in futuro lui possa avvicinarsi a sperimentare la condizione umana. Maicol esulta, ha vinto ancora, Fede fa' spallucce, lancia una nuova sfida, dichiara solenne che d'ora in poi vincerà sempre e comunque, che raddoppia la posta, a fine frase gli scappa un singhiozzo, è franto, già sbronzo a mezza mattina ed infatti affetta la verdura da schifo. Vivono entrambi ignari, come in una bolla, non pensano, hanno deciso di non pensare a là fuori, come se niente fosse successo, come se niente stesse succedendo, a loro bastano le repliche dei Simpson e del Gladiatore che l'hard disk collegato al televisore garantisce ab libitum. Per loro il mondo non è mutato perché il loro mondo irreale non è mutato, papà raccontami ancora la solita favola, certo figliolo, allora ho alzato il pugno al cielo e a quella schiera di eroi ho ordinato “al mio segnale scatenate l'inferno”.
-Aldo prendimi una lattina
-Anche a me papà, di coca.
Mentre mi dirigo in cucina entra Penelope dalla porta che dopo il breve corridoio conduce alla stanza da letto sua e di Fede. Si è appena alzata eppure già vestita e truccata trampola su altissimi tacchi a stiletto.
-Cazzo cazzo, qui è un abbrutimento generale. Perché non stai un po' con me invece che masturbare quel coso di plastica? Io per te non esisto?
-Dai Fede, Pe' vuole farsi una sbaciucchiata.
-Piccolo non rompere, ti ho già spiegato che a me i bambini non piacciono, tanto meno quegli degli altri. E poi se non fossi ancora nano sapresti che ho ben altre esigenze che qualche bacio.
-Ma tu figli non ne hai.
-Quando ti ho conosciuto ho deciso che non ne avrei mai avuto.
-Maicol, zia Pè è un toast freddo, non ha ancora imparato a fare i bambini nonostante zio Fede ce la metta tutta e sia un buon maestro.
-Sei solo un grosso pezzo di merda. Ti avverto, non mi prendere in giro chiamandomi zia Pè o toast freddo, ma sopratutto non prendermi in giro in generale.
Penelope parla rapida, con tono aspro, il viso contratto, le vene pulsanti bene in vista sul collo, gli occhi ridotti a fessure lampeggianti, sembra sul punto di perdere il controllo ed esplodere ma quando rientro con le lattine l'atmosfera è totalmente mutata, ora è latte e miele, con un po di zucchero filato anche.
-Se mi prepari un cappuccio come solo tu sai fare io ti faccio delle fantastiche ciribiribì coccole. Provare per credere. 5 minuti, solo 5 vedrai, della Penelopina t'innamorerai.
Fede rutta, scivola con il culo sul divano, invita Penelope a sedersi nel ristretto spazio che si è liberato. Lei accomoda le lunghe gambe da gru e fa' una smorfia, lo accarezza, inizia dalla testa e con lentezza scende al petto, disegna deliziosi circoli intorno al capezzolo, risale, intanto gli soffia leggera nell'orecchio, intanto mi guarda, mi fissa intensa, dischiude le cosce strette nei jeans firmati, si lecca le labbra gonfie come canotti e fa scivolare il dito proprio lì dove ha la fessura. Spaventato, turbato, ingolosito mi volto e scappo nel corridoio che conduce all'esterno, dove sistemando una scrivania ed una poltrona ho ricavato lo studio. Proprio non mi tornano i conti del commercialista.
Più tardi mentre mi angusto con la rata del muto scaduta ieri l'altro arriva Lucrezia, Barbie in bigodini, una piega amara le attraversa le labbra vizze anzitempo, è incazzata nera ma lei si definisce appena un po' indispettita, vuole solo mettere i puntini sulle i, perché non ama farsi prendere in giro, che quella là nulla fa', che quando apre il frigo solo per scegliere uno stracchino fa tutto un casino, che produce briciole, che ha trovato buttato in bagno il più minuscolo tanga che si possa concepire, un filo appena, credimi un filo che lo puoi infilare nella cruna di un ago. Neanche fosse un cammello. E' che fra donne non si sopportano. In una casa può esserci una sola regina. Ma qua dobbiamo stare tutti, e per quanto tempo nessuno lo può dire.
E' accaduto così in fretta, in modo così irreale, stavo guardando il telegiornale sulla RAI con il Cav che dopo aver sparato ad alzo zero sui magistrati venduti ai comunisti raccontava una barzelletta davvero divertente quando il servizio è stato sospeso, e per fortuna che la barzelletta già la conoscevo*, la conduttrice, quella con gli occhi da cerbiatta e un davanzale stupendo, ferale ha annunciato la crisi imminente, l'allarme totale, non uscite, se siete in giro raggiungete al più presto un posto sicuro. Il tempo di chiamare mio fratello sul cellulare e ho trascinato Maicol e Lucrezia nel bunker antiatomico che mi sono fatto costruire due anni fa'. Fra le altre cose questo dimostra che sono un tipo lungimirante, che è stato un ottimo investimento, che chi rideva rideva fesso, che un bunker non serve solo per farlo visitare agli amici durante i barbecue. Ne sono sempre stato orgoglioso, per me è stato come una seconda casa, come dice il depliàn della ditta che li produce e li installa un rifugio antiatomico è una vera è propria soluzione abitativa, solo che per evitare la contaminazione da radiazioni nucleari o qualsivoglia problema chimico ha solette di quaranta centimetri e pareti di trenta, tutto calato bene in profondità per sfruttare l'azione schermante del terreno ed evitare il contatto con l'atmosfera radioattiva. Qui è comodissimo, davvero, non manca niente, ne lo scorte alimentari ne i passatempi, c'è il riciclo dell'aria, il controllo dell'umidità e della temperatura, i letti sono morbidi.
 La cena è stata deprimente, trippa per gli uomini e carne in scatola per le donne e il bambino, per sovrappiù tutto il tempo mio figlio Maicol e Penelope hanno duettato senza sosta "Buona la carne Tinsemmhal.". "Si dice Simmenthal.". “E per secondo?". "C'è carne Simmenthal!". "Ma come... la Simmenthal... a mio figlio?!". “Siii, Simmenthal. SimmenTALMENTE BUONA.". “Se trippa Simmenthal dò a mio marito lo so, che sono abbracci, abbracci, ahhh.”. E sull'ahhh finale Penelope ha prodotto immancabile un gemito rauco inequivocabile di piacere, qualcosa che sapeva di orgasmo, che divertiva da pazzi Maicol ma che si traduceva in una smorfia sulla faccia di Lucrezia. Nessun altro ha parlato, neanche per chiedere il sale, Fede ha fatto una sequenza di rutti, solo un po' d'aria aromatizzata al luppolo e un altra smorfia per Lucrezia.


*In breve la barzelletta è questa: Il Cav è in Inghilterra per una visita ufficiale, sicché la Regina Elisabetta lo invita Wermaister a prendere un tè con i pasticcini. Il Cav approfitta della situazione per porre alcune domande sulla di lei strategia di leadership, la Regina risponde che ciò che davvero importa è avvalersi di persone molto ma molto intelligenti. Il Cav chiede allora a Sua Grazia quale elaborato sistema utilizzi per stabilire quali persone sono realmente intelligenti. “Lo so facendogli la domanda giusta.”, risponde la Regina “Mi permetta di dimostrarglielo.” La Regina telefona a Tony Blaire e chiede: “Signor Primo Ministro la prego di rispondere alla seguente domanda. Suo padre ha un bambino, sua madre ha un bambino ma lei Sir non ha ne fratelli ne sorelle, chi è questo bambino?” “E' semplice” risponde Blaire “sono io”. Rientrato in Italia il Cav decide di mettere alla prova i suoi collaboratori, convoca ad Arcore Pierferdinando Casini, il Presidente della Camera, e gli chiede “Pierferdi tuo padre ha un bambino, tua madre ha un bambino ma tu non ha ne fratelli ne sorelle, chi è il bambino?” Casini ci pensa su, poi imbarazzato chiede di potersi accomiatare in modo da rifletterci meglio. Subito convoca una riunione di partito ma nessuno degli esimi colleghi riesce ad arrivare a nulla. A quel punto decide di usare l'estrema risorsa, convoca l'onorevole Buttiglione che è pure rinomatissimo e valentissimo filosofo e gli dice “Ascolta, tuo padre ha un figlio, tua madre ha un figlio, ma tu non hai fratelli ne sorelle, chi è questo figlio?” “Naturalmente sono io” risponde subito Buttiglione “Tutto qui?” Casini trionfante corre ad Arcore “Presidente conosco la risposta. E' Buttiglione”. Allora il Cav rassegnato risponde “Cretino, è Tony Blair!”.

FINE PRIMA PARTE.


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