"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

giovedì 24 gennaio 2013

Il portachiavi

  La signora, cinquant’anni o giù di lì,  camminava a passo veloce lungo Via Losanna, in un pomeriggio cupo e piovoso come i tanti che Milano sa infliggere quando è autunno.
Ogni tanto si soffermava davanti a qualche vetrina, ma il suo sguardo era assente: dava l’impressione  di inseguire il filo dei suoi pensieri più che essere interessata allo shopping.
Facevamo la stessa strada, talvolta era lei a rallentare, talvolta io, e così mi ritrovai ripetutamente a passarle a fianco e ad osservarla di sottecchi, perché c’era qualcosa in lei che mi inteneriva.
A un tratto, mentre camminavo avanti di qualche passo, udii un grido alle mie spalle. Mi voltai e vidi la signora a terra, che difendeva la sua borsa mentre un ragazzo con un casco in testa e un cappotto indefinibile la strattonava malamente per strappargliela. La donna opponeva resistenza come poteva, ma alla fine il ragazzo ebbe la meglio: riuscì a sfilarle la borsa dal braccio, facendole perdere nuovamente l’equilibrio, e si allontanò di corsa, fra l’ indifferenza dei passanti che schivavano la poveretta come se nulla fosse accaduto. Il tutto si era svolto in pochi istanti, ma davanti ai miei occhi la scena era sembrata dilatarsi come in un film al rallentatore. Percorsi i pochi passi che ci separavano e l’aiutai a rialzarsi, senza neppure pensare ad inseguire il ladro.
Lei però guardava nella direzione del giovane con uno sguardo smarrito, disperato.  “Il portachiavi, il portachiavi”, continuava a ripetere e con l’indice mi indicava un portachiavi che nella colluttazione doveva essere caduto dalle tasche del ragazzo. In un primo momento avevo pensato che appartenesse a lei, che fosse scivolato dalla sua borsetta e mi affrettai a raccoglierlo. Glielo porsi e lei disse con gli occhi pieni di lacrime: “E’ di Andrea, gliel’ ho regalato al suo diciottesimo compleanno. E’ il suo, guardi qui le sue iniziali,  l’ avevo fatto fare apposta per lui”.
Non capivo il motivo di tanto sgomento, del dolore che le si era dipinto sul viso.
Ma lei aggiunse “Andrea è mio figlio”.

Il giorno dopo, fra le pagine di cronaca milanese del Corriere della Sera, un trafiletto riferiva: “ Via Losanna. Madre scippata dal figlio tossicodipendente lo denuncia e lo fa arrestare”.

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