"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

sabato 24 marzo 2012

Niente aragoste per colazione.

 Ci arrampichiamo lungo il budello male imbiancato che sale ripido, pare il cunicolo scavato da una talpa ubriaca. Arranchiamo come salmoni controcorrente, è in occasioni come questa che ringrazio dio per avermi dotato di gambe magari corte ma robuste, lo dico sempre che lui sa quello che fa, sebbene a permettere che il serpente intortasse Eva abbia di certo commesso un'imperdonabile cazzata. Ma Paolo Pà sacramenta pesante, le sue sono lunghe ma gracili, e non è certo uno che le cose le manda a dire, non protesta timido ai cancelli del paradiso, lui butta fuori tutto il marcio che ha dentro senza guardare in faccia nessuno.
La casa è vecchia, i muri sono di quelli sbiechi, spessi un buon mezzo metro ripieno di canniccio e pietrame, male intonacati con lo zoccolo dipinto, istoriati con cazzi giganteschi e vagine pelose, numeri di cellulare fittizi a seguire offerte gratuite di prestazioni oscene scandalosamente generose. Rampa dopo rampa mi convinco che dio dopotutto non è stato munifico nell'imprimere vigore alle mie membra inferiori, così, fiato permettendo, comincio a bestemmiare pure io.
E' una grotta umida e buia, fetida di cavoli bolliti e purè stantii, ai lati si susseguono poveri usci dalla vernice scrostata, tristi e deprimenti, e ti viene proprio da piangere quando in cima, dopo aver bussato al portoncino più malandato del tugurio, ad aprire è Pipino Mutanda in imperfetta persona, in calzoncini da basket di raso giallo fluorescente, troppo larghi per le sue gambe scarne avviluppate da una rete di vene varicose, che come una mala pianta s'intorcono e s'aggroppano d'intorno fruttando disgustose bolle blu. E ciabatte da spiaggia arancione stinto, consunte e rotte, rattoppate alla meno peggio, alla belino di cane per la verità, con del nastro isolante bluastro, e una maglietta sghemba, ovunque bucata da braci di canna franate, e occhiali scheggiati, storti sul naso ricoperto da grossi punti neri gonfi pronti ad eruttare catramosa seborreica materia.
E barbetta rada che farebbe vergognare una capretta affetta d'alopecia.
-Entrate, entrate. Sono felice che siate finalmente venuti.
Colgo qualcosa di strano in lui, non l'ombra di un sorriso o un'arguzia, il personaggio prevede un copione del tutto diverso, battute spumeggianti e manate molli sulle spalle, stupidi risolini laidi che Paolo Pà chiama scoreggette liquide. Eppure sembra contento della nostra venuta, è che oggi è un cane bastonato di suo. Siamo passati per portarcelo via, ché sono due settimane che la mena al telefono, insistente come il bruciore di stomaco. Si è appena trasferito qui a Rapallo, voleva che vedessimo la nuova casa, e si diceva stressato, bisognoso di scambiare quattro chiacchiere con i vecchi amici, di fare rotta con loro per i locali migliori sbevazzando cocktail all'ultima moda. Ha traslocato per potersi godere in pace la sua nuova relazione sentimentale. Lui e lei non ne potevano più di convivere con il genitorame del Mutanda, i litigi furiosi erano all'ordine del giorno, peraltro cosa del tutto normale questa. E che si fosse portato l'oggetto del suo amore a vivere in cameretta era consuetudine già quando frequentava le medie. Forse il problema era Barbarella, la figlia tredicenne di lei, che dormiva sul divano, o che lei, Bru è il nome, viaggi per la quarantina, cioè abbia almeno dieci anni di troppo, o che sparisse per giorni senza curarsi di avvertire nessuno, tanto meno la figlia. O forse era perché Pipino, gelosissimo, si era ridotto ad uno straccetto dagli occhi gonfi sempre furenti. O forse le cose giravano come giravano perché la saggia madre del Mutanda aveva capito che la Bru, nonostante il figlio gliela avesse presentata come assistente sociale, di mestiere faceva in realtà la puttana.
Un mese fa siamo andati in tre a stanare la Bru a venti chilometri di distanza, a casa di un vecchio amante, dopo che Pipino aveva trascorso le due notti precedenti a fare il medesimo percorso a piedi, trascinandosi dietro la povera Barbarella, sempre muta mentre lui si faceva afono sbraitando contro il cielo. Pipino ha suonato alla porta, ha bussato in lacrime gemendo forte, e noi in macchina abbiamo starnazzato a lungo con il clacson, niente, l'unica cosa ottenuta è stato lo spegnimento di ogni luce della casa. Al ritorno il Mutanda ci ha mostrato con generosità nuovi livelli di degenerazione mascolina a cui non avevamo mai neppure pensato, ci ha aperto la mente su universi totalmente inediti.
Così Pipino ha obbligato i genitori a comperare a rate mobili usati, e a fornirlo di fruscianti contanti per la caparra per queste mura semi ammobiliate, due zerbini, quando ne sarebbe bastato uno, ed un tavolo a tre gambe senza sedie. Poi l'ha convinto a cambiare mestiere, lei ora nei fine settimana lavora dietro il banco di un panificio, lui è il solito diversamente occupato, beve, sproloquia, si fa d'erba e di ogni altra sostanza che abbia l'ardire di avvicinarglisi troppo, quindi in casa di soldi ne entrano davvero pochini e corrono via veloci.

Pipino ci fa strada per il corridoio rischiarato da una lampadina fioca che pare un lumino da morto.
-Potete salutare la Bru, è in salotto a giocare a briscola con un nostro amico carissimo che abita qua sotto.
Ed eccolo il salotto, che pare la cuccia del cane, la poltrona di velluto smangiato è macchiata, il tappeto liso con le frange solo da un lato, forse è stato posto rimedio ad un buco tagliandolo via malamente, si capisce che vorrebbe parlare persiano ma ha chiaro accento cinese, e il tavolo ustionato con continuato sadismo da sigarette dimenticate accese dai precedenti proprietari, quando collassavano per il troppo bere o per le polverine inaspettatamente pure.
La Bru ci beneficia di un sorriso distratto, troppo impegnata a decidere se giocare o meno il due di picche. La solita carne grigia, stinta come logora carta da parati, non sembra una che possa darla via in cambio di soldi. Energica ed insignificante come una foglia morta, un arnese vecchio nato brutto, anzitempo graffiato e offeso, un ammennicolo che dove lo metti rimane, anche se capisco che quando ti volti si muove piano, segretamente, persino di sua iniziativa.
-Ciao Bru.
-Ciao.
-Lui è Alfio.
-Salve Alfio.
-Contento di conoscerti Alfio.
-Salve ragazzi. Ci siamo già visti da qualche parte?
-Non mi pare Alfio.
Accenna ad alzare il culo dalla sedia traballante, le gambe neppure distese, china il capo come per un inchino e bofonchia. Ricciolino, indossa una camicia spiegazzata a quadri rossi, che dalla puzza di sudore rancido si direbbe testé recuperata dal borsone da ginnastica, dopo settimane di convivenza con le peggiori magliette e le scarpe più mefitiche dei dintorni. Gli mancano due denti, e ha mani gigantesche che paiono tenaglie rigonfie, utilissime a frantumare l'esistente ma certo un problema durante il sacro rito della masturbazione.
-Eppure mi sembrate famigliari. A qualche concerto magari...
-Può essere. Che musica ti piace Alfio?
-Adoro Marco Masini, è forte davvero.
-Interessante, eppoi?
-Ascolto un sacco Ferradini.
-E chi è?
-Quello che cantava Teorema. Ti ricordi? Prendi una donna trattala male...
-Ah sì, certo, facevo le medie mi pare, o quarta ginnasio. Mitica. E che altro ha fatto?
-Non lo so, credo non abbia fatto altro.
-Ah, possibile.
-Dai venite di là! Vi verso un vinello rosso speciale che urla tracannami, me lo sono fatto spillare apposta per voi in una cantina qua vicino.
-Allora ciao Alfio. Ciao Bru.
-Ciao, ci si vede.
-Ciao anche a voi.
-Ciao alla prossima.
-Sì vabbè, andiamo solo in cucina, magari se c'è il tempo ci salutiamo dopo.

La cucina, beh, la cucina è un lavandino di pietra, dei tubi giganteschi imbiaccati corrono sul soffitto rubando aria e spazio vitale, dei pensili bianchi di smalto sbrecciato sono posati a terra su delle traversine di legno di dieci centimetri, che devi distenderti bocconi per un po' di zucchero, forse per non rovinare il muro, quello sì appena ridipinto di un giallino mais anemico, ed un tavolo con una sedia di legno e paglia, e delle tende virato seppia dopo anni di nicotina e sbroda di cane, quest'ultima ottenuta copiosa se l'animale eccitato vi si strofina ripetutamente contro.
-Scusate, vado un attimo di là a vedere se gli altri hanno bisogno di qualcosa, ma tranquilli torno subito.
Il vino fa schifo, il coraggio di guardarmi intorno si è esaurito, allora per un po' studio e invidio la selvaggia abbronzatura primaticcia di Paolo Pà.
-E' morto Lucio - dico.
-Lucio chi?- chiede
-Lucio Dalla.
-L'ho sentito dire.
-Mi dispiace.
-Anche a me, un sacco.
-Era brutto che pareva uno scarafaggio cagato storto ma non era il peggiore.
-Il peggiore è Vasco, era meglio se moriva lui.
-Eh già ma i peggiori non muoiono mai.
-Ehi raga arrivo subito, solo un attimo e arrivo da voi, devo dire una cosa alla Bru.
-Perché non gliela hai detta ora che eri di là?
-Parlava lei e mi sono scordato.
-Hai certe occhiaie viola che tieni fisse a terra, da quanto non dormi?
-A proposito Pippy, questo non è vino generoso ma birra fatta versando l'idrolitina nel piscio di vacca, a cui è stato aggiunto del colorante artificiale. Ormai è pure svanita. Fa schifo e te la bevi tu.
-Torno raga e vi risolvo il problema.

-Ci sono degli uccelli che borbottano, che titubano.
-Cosa hai detto?
-Ci sono degli uccelli che fanno strani rumori.
-Io non sento niente.
-Come dei volatili che fanno come dei versi, sbattono l'ali, volano, fanno vvrr brum brum frap, roba così.
-Forse sono i tubi.
-Che tubi?! I tubi mica volano.
-Hai ragione, non volano.

-Eccomi da voi. Mi fa proprio piacere avervi qui. Mostrarvi la casa nuova. Stare un poco assieme.
-Guarda che hai rotto il cazzo. Vai avanti e indietro, t'affacci sulla porta per dieci secondi e poi sparisci per cinque minuti. Non sei affetto da pendolarismo, qualunque cosa sia, lo sappiamo cosa stai facendo, li stai sorvegliando, non è vero? Ma se ti senti così poliziottesco non sarebbe più semplice ci trasferissimo tutti di là?
-La finiresti con la maratona.
-Non saprei... magari, ma li devo sorprendere sul fatto. Ragazzi scusate torno subito.

-Lo hai visto al Pippy? Era sul punto di piangere.
-E' a pezzi, bisogna trascinarlo fuori di qua.
-Non ce la facciamo, lo hai visto anche tu, ha la scimmia per la Bru, non è capace di pensare ad altro.
-Facciamoci un paio di canne mentre aspettiamo.
-Non si può, quel genere di cannoni alla Bru non piacciono, se il Mutanda ci becca fa l'isterico e ci butta fuori.
-Uniamo l'utile al dilettevole, facciamoci due cannoni.
-Resisti ancora un po'.

-Ehi raga...
-Fermo! Prima di blaterare ascolta, tu ci hai chiamato mille volte per uscire miniaturizzandoci i coglioni, ora ci siamo, siamo qui, il vino è una rumenta oscena e non lo possiamo bere, e se fosse stato solo passabile sarebbe stato scarso, capirai mezzo bicchiere a testa, l'avremmo già finito da un pezzo. La sedia sfondata ciancola ed è unta e sporca, e i miei pantaloni sono nuovi e col cazzo che mi siedo. Senza contare che dovrei prendere in braccio lui. Quindi ora ti vesti e usciamo. Se vuoi, se lo ritieni davvero necessario, andiamo tutti quanti, persino Alfio, per quanto data la situazione sarebbe meglio rimandarlo a casa; tanto abita vicino.
-Impossibile, se non viene Alfio non viene neppure la Bru.
-T'ho già detto che mi hai rotto il cazzo? Vestiti ed usciamo!
-Torno subito.

-Eccomi.
-Raga scusatemi...
-La Bru non sta bene. Ha un po' d'influenza.
-Poi devo controllare che non combinino delle cose, Alfio e la Bru.
-Chi è Alfio?
-Quello di là, quello che sta giocando a carte con la Bru. Ve l'ho presentato no?!
-Sì, vabbè, è il padrone di casa? E' qui per il torneo di briscola? E tu che cazzo hai da controllare?
-Che non provino a scambiarsi qualcosa da sotto il tavolo mentre io non guardo.
-Le carte?! E perché dovrebbero scambiarsele quando tu non guardi? Giocano solo loro due giusto? Poi a te che te ne frega? Sono cazzi tuoi cosa ci fanno con quelle minchia di carte?
-Non le carte, capisci, carezze, toccamenti, effusioni...
-Hai paura che quando tu sei in un altra stanza o sbatti un attimo gli occhi lei ne approfitti subito, che gli slampi la patta e glielo meni con una mano mentre con l'altra fuma una di quelle merdose sigaretta alla menta? Ma come siete messi? Che gente siete?
-Ma poi lei non faceva la...?
-La puttana sì e allora?! A te che cazzo te ne importa?! Non lo dovevi dire! Non te lo dovevo dire. Sei il solito stronzo borghese!

-Occhei, scusatemi, ho sbagliato a prendermela con voi. E' un momento difficile. Non è solo per Alfio e la Bru. Non so come dirlo... Non ci sono aragoste domani per colazione.
-Perché di solito le pucci nel caffellatte?
-Ho fame ragazzi, è da ieri sera che non butto giù niente.
-Se lo fai per la dieta sprechi il tuo tempo, rimani comunque di una schifezza disumana; lascia perdere.
-E' che in casa non c'è più una briciola da mettere sotto i denti.
-La Bru ti leva il pane di bocca?
-No, che dici?! Lei mangia al lavoro la pizza che avanza.
-Usciamo che ti offro un panino.
-Impossibile, la Bru ha qualche linea di febbre, non posso lasciarla sola.
-A parte che non è mica sola, poi mi sembra stia benissimo, non sta sboccando sangue dal naso, non c'è rischio che esali l'ultimo respiro fra le braccia di Alfio mentre tu sei fuori con noi.
-Sembri uno che abbia visto un fantasma. Sei tu in pericolo, hai bisogno di respirare aria che non abbiano respirato prima quei due.
-Siamo venuti apposta in questa città di sfigati perché hai richiesto il nostro aiuto. Eccoci D'Artagnan, Athos e Portos sono al tuo servizio, uno per tutti, tutti per uno.
-Non se ne fa niente, un attimo solo, torno subito.

-Gli ho quasi beccati. Mancava solo tanto poco così, ve lo giuro.
-Basta ce ne andiamo. Se vuoi venire con noi ti cambi quei pantaloncini osceni, e se rimani in ciabatte almeno mettiti le calze, hai dei piedi orribili che paiono quelli di una mummia vecchia a cui abbiano lesinato coi sacri unguenti. Se qualcuno li vede ci bandiscono vita natural durante anche dai locali più lerci. Neppure al lebbrosario ci farebbero entrare.
-Non posso, la Bru sta male.
-Volevamo portarti a bere le ultime novità in fatto di cocktail, bada, ben bene agitati, non mescolati, che non siamo dei frocetti. Comunque cazzi tuoi se sei geloso fracico, addio, e saluta per noi i briscolettari infoiati.
- Prima che andiate via vorrei chiedervi un favore, ho fame, potreste prestarmi qualcosa. Tranquilli che ve li restituisco tutti.
-Dì la verità, ci hai fatto venire fino qua solo per chiederci dei soldi. Brutto bastardo.
-Sei un pezzo di merda.
-Ieri in tutto il giorno ho mangiato un pugno di vecchio pane grattugiato pieno di formiche, e per avere un po di sostanza l'ho mischiato con due cucchiai di olio da frittura e del triplo concentrato di pomodoro.
-Che schifo, e davvero te lo sei mangiato?
-Cento euro... anche cinquanta. Magari a testa.
-Se esci prima di portarti a bere ti offriamo una pizza.
-Se ti fa piacere una quattro formaggi con la raffinatezza di una sgrattugiata di pane raffermo sopra.
-E quelli scopano di sicuro. E' un momento così, che la Bru non la posso lasciare da sola.
-Allora tieniti stretta la fame.
-Cinquanta euro in tutto raga, cosa sono per voi?
-Guarda, te lo dico mandandoti nel contempo affanculo, prestiti zero. Se facciamo i conti mi devi qualche migliaia di euro, eppoi ho solo le carte di credito. Sarò buono, mi tengo gli spiccioli per le sigarette e ti do, vediamo, cinque euro. Non è un prestito, puoi tenerteli insieme al vaffanculo.
-Vediamo, io ho solo il bancomat e il libretto d'assegni, e delle monetine da... dieci centesimi. Apri la mano... eccotele, nelle tasche vuote fanno un bel rumore che rallegra il cuore e tutte assieme sono quasi due euro. Non spenderteli tutti in eroina come fai di solito.
-Non accetto la carità da nessuno io.
-Rendimi le mie monetine!
-No, ma siete dei grandissimi fottutissimi bastardi.

Per le scale corriamo ridendo per scrollarci di dosso l'atmosfera mesta e paranoica, saltiamo i gradini a tre a tre, milioni di luci colorate già accarezzano il ventre della notte, Genova ci aspetta a gambe aperte. Sarà magnifico, del resto la speranza è l'ultima morire, però i primi sono sempre i migliori, cioè quelli come noi. Di Pipino chi se ne fotte?! Del resto se le cerca proprio, invece che fare il pezzente potrebbe mettersi a lavorare, o limitarsi nelle spese, e alla Bru non poteva pagarla per una pompa, come tutti, e finirla lì?


2 commenti:

  1. bravo. uno stile personale, immagini fantasiose, personaggi ben delineati. hai mai provato a scrivere quualche cosa di più lungo?

    rosewater

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  2. Se intendi romanzi sì ma trovo che sia meno divertente. Aumenta l'impegno, aumentano le regole, la coerenza... e come niente ti trovi a dover buttare giù pagine, necessarie certo, ma che in effetti non ti va di scrivere. Credo che il romanzo, nella sua versione classica, sia potente ma meno efficace di uno scarno gruppetto di racconti affamati, che come cani randagi azzannano da ogni parte l'odioso adipe mentale del lettore, con immediati effetti tonificanti ed energizzanti. Mille grazie per il commento Ros.

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