"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

giovedì 12 gennaio 2012


Aveva in tasca un biglietto! Riconobbe quella busta al tatto, sorrise e tornò in classe.
Riceveva quei biglietti ormai da qualche mese ed erano diventati un appuntamento prezioso col sogno ad occhi aperti e col mistero. Se li trovava senza preavviso ma con frequenza cadenzata nelle tasche del cappotto che rimaneva appeso nell’aula professori.
La prima volta che lo ricevette era sera, fuori scuola, al termine di quell’estenuante consiglio di classe. Le cadde insieme al pacchetto dei fazzoletti di carta mentre frugava affannosamente per trovare le chiavi della macchina e andare via in fretta.
Si chinò per raccogliere e rimase spiazzata per una frazione di secondo: cos’era quella busta color seppia? Una multa non poteva essere, quelle hanno un antipatico color verde menta, bastardi…. come se ti dovessero addolcire la pillola con la cromoterapia. Non era stata invitata a nessun matrimonio.. aveva tutti amici separati, figuriamoci, nessuno di loro si sarebbe imbarcato nuovamente in un’altra esperienza di vita coniugale; le spese condominali arrivavano in una busta bianca con finestra 190x260, quindi non potevano essere neanche quelle. Prese la busta, la guardò rigirandola un paio di volte, niente timbro postale, niente francobollo, c’era solo il suo nome scritto a penna nera con una bella calligrafia: Annamaria Gandini.
La aprii. Sul foglio piegato in due stavano queste parole:

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umilta’ vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender non la puo’ chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.

Rimase un po’ lì col foglio in mano, sorpresa ... chi le aveva scritto aveva addirittura scomodato Dante e la sua Beatrice per dichiararsi. Era frastornata, salì in macchina e mentre guidava verso casa fece una carrellata degli uomini che incontrava a scuola e che avrebbero potuto compiere quel gesto così antico e così teneramente coraggioso.
C’era Santagostino, il professore di lettere, il primo che le venne in mente vista la scelta delle parole ma era troppo avanti con gli anni per abbandonarsi a certe romanticherie. C’era Finotti, il prof. di Filosofia, intellettuale, uomo colto, raffinato ma lui era troppo innamorato della moglie che quando ne parlava tutti si sgomitavano come dire “ è ancora perso come il primo giorno”...managgia a lei, che invidia!!! Poi c’era Sondini, il prof. di Ginnastica, che sì...l’aveva invitata ad uscire qualche volta ma faceva il cascamorto un po’ con tutte. Più che alle donne era interessato all’effetto che faceva sulle donne, troppo narciso, troppo vanesio per scegliere Dante. No, non poteva essere lui. Ah, ecco, c’era Marchesi, il prof. di Musica, profondo conoscitore del blues e del jazz, lui aveva uno animo nobile e con le parole ci sapeva fare ma...era gay, lo sapevano tutti e quindi, niente, scartato pure lui.
Arrivò a casa, rilesse un’altra volta il biglietto, mangiò qualcosa, sfogliò distrattamente una rivista e poi si addormentò.
Altre buste arrivarono nei mesi successivi, una volta Prevert, un’altra Shakespeare, poi Alda Merini, Pessoa, Neruda, Catullo. Lei, da quella prima volta, guardava tutti con aria diversa, li scrutava, li studiava, si soffermava sugli sguardi per carpire un’espressione che potesse metterla sulla buona strada nella scoperta del suo ammiratore segreto. Qualcuno avrà anche frainteso e pensato “la Gandini, è andata fuori di testa ” e invece no, la Gandini stava solo cercando l’uomo del mistero.
Quel giorno, ritornando in classe, mentre i ragazzi svolgevano la verifica di matematica che aveva assegnato, si era persa nei sui pensieri. Quel modo gentile e discreto di rivelare l' amore ad una donna l’avevano stregata. Quei biglietti con le loro poesie d’amore avevano cambiato la prospettiva dei suoi giorni. Non da stravolgerle l’esistenza, intendiamoci; era sufficientemente disillusa dalla vita e dalle sue esperienze per non lasciarsi trasportare troppo da quella nuova condizione ma si sentiva coccolata, amata in modo diverso e inusuale e si chiedeva quale fosse il significato di questo regalo della vita . Mentre elaborava questi pensieri, passava involontariamente il dito sulle pagine del libro che aveva sulla cattedra. Sentì bruciare, si guardò e si accorse che si era superficialmente tagliata un polpastrello con la carta. Non aveva fazzoletti per tamponare il sangue e nemmeno un cerotto per chiudere la ferita. Allora si alzò ed uscì diretta verso la guardiola del bidello.
Salvatore non c’era, quasi sicuramente era a consegnare qualche circolare in una classe. Stava per andarsene quando, con la coda dell’occhio intravvide qualcosa color seppia, nascosto sotto al giornale. Incredula, lo spostò. Accanto alla busta c’era un foglio, riconobbe subito la calligrafia, aveva il cuore in gola, girò il foglio dalla sua parte e lesse:

Il più bello dei mari è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti
e quello che vorrei dirti di più bello, non te l’ho ancora detto.

Non si rese conto di quanto tempo fosse passato da quando aveva finito di leggere quelle parole, secondi, forse ore, giorni. Come in trance tornò in classe, indugiò sulla maniglia, Nazin Himet...il suo poeta preferito...che estasi...entrò e chiuse la porta.

3 commenti:

  1. mi è piaciuto molto questo racconto, così romantico.Il sogno di ogni donna raccontato con dolcezza e garbo. bravissima.
    Manu

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  2. Ciao, scusa lo spam ma ho aperto un nuovo blog di cinema un pò particolare.. passa se sei appossionato/a ma sopratutto se ti va: http://lifefunctionsterminated.blogspot.com

    A presto!

    P.S.: Figo il tuo blog, ti seguo!

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  3. Brava Fulvia. Un racconto garbato, ben scritto e credibile, con la giusta dose di romanticismo. Potrebbe essere un ottimo incipit per qualcosa di più lungo...
    Ci sono solo alcune incertezze ("Qualcuno avrà anche frainteso" l'uso del futuro qui non ce lo vedo, ma è trascurabile) e alcune parti che, a mio giudizio, dovrebbero essere sviluppate meglio per comprendere poi la sorpresa finale. Se è veramente una disillusa non dovrebbe dare peso a certe frivolezze e badare alla concretezza. Forse è solo una che è rimasta sola a lungo e fatica a credere che esistano ancora uomini così...
    Però mi piace il tuo stile, così vicino al mio modo di rappresentare la realtà.
    Parere personale, volto alla critica costruttiva.

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