"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

martedì 27 novembre 2012

IL CORPO E LE PAROLE



Gli esseri umani sono divisi in due: mente e corpo.                                    
La mente abbraccia tutte le più nobili aspirazioni: come poesia, filosofia... Ma chi si diverte è il corpo.  
Woody Allen, in Amore e guerra, 1975

 
IL CORPO E LE PAROLE                                                                                                   
C’è un dato di fatto.
Una certezza nel nostro essere, che non dipende da nessuna categoria alle quali ricorriamo solitamente per semplificarci la vita: giovani e vecchi, uomini e donne, belli e brutti, bravi e cattivi.
Tutti, ma proprio tutti hanno un corpo.
Per quanto possano essere diversi gli uni dagli altri, questi corpi hanno una caratteristica comune: sono corpi ignoranti.
Diciamocelo con sincerità, i nostri corpi non elaborano, reagiscono d’istinto.
Ora, per non offendere nessuno, prenderò ad esempio il mio.
Quante parole conosce il mio corpo? Tre, quattro al massimo: pipi, pupu, pappa… tutte con la P…tutte tranne la quarta.
Come si fa a ragionare con uno così? Credetemi ho provato a fargli domande, anche semplici.
Ho chiesto al mio cuore: perché palpiti forte davanti all’amore o alla paura? Ho domandato alla mia fronte, e alle mie ascelle, perché sudate quando faccio fatica o quando sono teso? Non vi accorgete che peggiorate la situazione, che mi mettete ancora più in imbarazzo? Non parliamo poi dei piedi, gli ho chiesto se fosse necessario, dopo una intera giornata, magari dura, emanare quel loro sgradevole olezzo.
Ho interrogato tutto il mio corpo, e l’unico che mi ha risposto è stato lo stomaco, ma non ho capito nulla, borbottava.
Insomma, il corpo è, nei migliore dei casi, muto o analfabeta.
A conferma di ciò, devo dire che ho tentato di insegnargli qualcosa, ci ho provato.
Ho iniziato con i piaceri della lettura, con la filosofia, con la sottile ironia, con la ricerca della conoscenza.
Risultato: mascelle che si spalancano e palpebre che  lentamente si chiudono.         
Gli ho parlato di amor cortese, della bellezza della donna che si riflette nei nostri occhi, della divina armonia cosmica del grembo femminile, gli ho spiegato le tesi femministe sull’uguaglianza fra i sessi.
E lui come mi ha risposto? Con un erezione, questo scostumato.
Gli ho illustrato i piaceri raffinati della nouvelle cousine, quelli salutari della cucina macrobiotica, di quella vegana, la  ricca semplicità della cucina tipica italiana, la saggezza di quella mediterranea.
Mi ha ascoltato, quasi interessato e poi ha ruttato.
Fine ma non troppo.
Non mi sono arreso, sono ricorso a concetti più elementari: l’attività fisica e suoi benevoli effetti, aerobica, anaerobica, arti marziali ed equilibrio interno, giochi di squadra, tecniche, tattiche.
Lui per un po’ mi ha seguito, si è mosso, prima lentamente poi pian piano più rapidamente, ma poi ha cominciato a sudare.
Irritante.
L’ultima carta me la sono giocata parlando proprio di lui.
Gli spiegato le sue funzioni, come è composto: l’apparato respiratorio, quello digestivo, il sistema cardiovascolare e quello nervoso, gli fatto qualche accenno, ma appena appena, alle reazioni bioelettriche che sono alla base della sua vita e del nostro pensiero.
Gliel’ho messa giù per benino, con semplicità, alla Piero Angela per intenderci.
La sua risposta? Si ammala il vigliacco, febbri di ogni tipo, infezioni, dolori e sindromi vari.
Senza speranza.
Non c’è verso, è ignorante e si compiace di esserlo.
In effetti, il corpo, è materia non spirito, per lui non esiste il pensiero, ma solo l’azione.
Concepisce l’istante non l’infinito, non capisce e non vuole capire, reagisce e non pensa.
Ma io che posso? Io che penso?
Ci ho riflettuto un po’ su e a dircela tutta, la realtà è fatta di cose concrete, materiali.
La realtà è fatta di carne.
Il pensiero, invece, non si mangia, un concetto non si beve, un’idea, un sogno non si tocca.
Allora queste cose non esistono, non sono reali.
Mi appaiono come i trucchi di un vecchio prestigiatore, come illusioni che servono a mascherare ciò che è vero, e magari non ci piace.
Ah! lui di certo non si fa ingannare, lui crede solo in ciò che vede, che sente e che tocca, crede solo in ciò che gusta ed annusa.
Il corpo crede solo nella realtà.
A questo punto, forse, ha ragione lui.
A cosa servono le parole? A cosa servono pensieri ed idee, sogni e speranze?
Ciò che conta è  solamente l’azione.
La teoria che dice che il presente non esiste, perché nell’istante stesso in cui lo stiamo vivendo è già passato e il prossimo è ancora futuro, per lui non è valida, il nostro corpo vive in un eterno presente, incapace di elaborare il passato e  di programmare il futuro.   
Ma ogni mago che si rispetti ha il suo asso nella manica, il suo coniglio nel cilindro, il trucco che rende veri i sogni e le illusioni.
 A pensarci bene l’ho trovato anch’io: e si tratta di un’azione, è così che lo frego, il corpo, gli faccio fare qualcosa, lo faccio agire.
Lo faccio scrivere.
Perché è scrivendo che si materializzano i concetti, che si realizzano le idee, che si concretizzano i sogni.
Un testo si vede, si tocca, si ascolta e volendo lo si può anche annusare.
Per insegnagli le parole ho costretto il mio corpo a scriverle.
Forse, il corpo non ha parole, ma le parole hanno un corpo.
 
   

                                                           Il corpo, se lo si tratta bene, può durare tutta la vita.
                                                                                      Noel Clarasó
        

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