"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater

mercoledì 16 maggio 2012

La voce di Dio



Antonio Salieri - Immagine dal web (fotogramma dal film Amadeus)
Nel crepuscolo della mia vita, ormai consapevole della fallacità delle cose umane, attendo che le mani misericordiose del Signore stringano le mie, perdonandomi per averle elevate a strumento miracoloso che più mi fece sentire uguale a Lui.
Ebbi in dono queste mani non certo per lavorare la terra ma per rendere gloria a Dio nella più alta arte che è la musica.
Per anni trasformai in musica la passione dell’amore e la rabbia inconfessabile, la gioia e la tristezza che compite nella mia mente gelosamente custodii, ritenendo che ancora nessuno strumento creato fino ad allora avesse una voce tanto celestiale che fosse degna di pronunciare la mia arte. Studiai per anni prima di posare le mani sul legno di uno strumento finché incontrai un altro uomo prescelto dal Signore, anch’egli con un dono divino, le sue mani traevano dal legno i suoni dell’universo, donava la voce di Dio alle sue creature, una voce che nessun umano aveva mai sentito prima.
Così tutto mi parve compiuto, volli liberare sullo strumento l’infinità di note che per lungo tempo, gelosamente tenni chiuse in me.
E finalmente la voce di Dio giunse sulla terra, dalle mie mani uscirono tante e tali melodie che ogni uomo al mio cospetto, nel sentire la musica che scaturiva sotto le mie dita si inginocchiava alla mia grandezza, la mia arte faceva scaturire lacrime anche a coloro i quali mai avrebbero creduto che la compassione dimorasse nel loro cuore, e a quelli ai quali la vita aveva negato ogni felicità, la luce dell’arte mia illuminò le loro anime donandogli la certezza di poter gioire un giorno nella gloria del Signore.
Dai potenti di tutto il mondo fui accolto e reclamato. Avermi al loro fianco li elevava al rango di grandi uomini ed io li elevai nella schiera degli immortali con l’arte che ero io stesso.
Mi allontanai dal mondo, navigai tutte le acque del conosciuto e pensai di poter navigare nello spirito stesso del cielo e della terra.
Gli uomini mi tributarono ogni onore e gloria. Li accettai, nella convinzione che fosse solo il giusto tributo alla mia grandezza, osai rivolgere lo sguardo al Signore nostro Dio e lo guardai dritto negli occhi.
Peccai, fortemente, a lungo. Peccai di presunzione, peccai credendomi al di sopra di tutti gli altri uomini, anche di colui che per me modellò lo strumento che chiamai “anima mundi”, peccai non riconoscendo a Dio il merito della mia grandezza.
Finalmente queste mani tremanti che non sanno più compiere i gesti perfezionati in tanti anni di rituale ormai collaudato; gli esercizi che ho ripetuto infinite volte per sciogliere le dita li ho anche questa volta eseguiti perché necessari, fondamentali per la buona riuscita della mia arte ma finalmente ormai nulla può fermare il tremore che le rende umane; fatte di carne ed ossa, rigide e doloranti come quelle di ogni altro miserrimo piccolo uomo, non sanno più elevarmi fino a Dio, ed allora finalmente posso inginocchiarmi al Suo cospetto per chiedergli umilmente perdono nella speranza di essere accolto tra le sue mani veramente artefici di ogni meraviglia dell’universo, sperando che Egli mi assolva per aver creduto di essere in terra fra tutti i miei simili mortali l’unico uomo le cui mani erano quelle di Dio.  

Luigi Zamproni

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