L'uomo
aprì la porta del rifugio ed entrò veloce, riparandosi
dalla pioggia. Si sfilò la pesante giacca attaccandola a un
chiodo, poi
si tolse il cappello e gli stivali, appoggiandoli vicino al camino
acceso. Protese le mani verso le fiamme, osservando i ceppi di legno
consumarsi. Dopo un paio di minuti si spostò vicino al
tavolo, lasciandosi cadere sulla sedia.
Il figlio, seduto di fronte a lui,
gli porse un bicchiere colmo di whisky.
L'uomo bevve lentamente, godendo
della sensazione di calore che si diffondeva nelle ossa. Il figlio,
identico al padre se non per qualche capello bianco in meno, gli
versò un'altra razione di whisky , quindi si riempì
anche il suo bicchiere, quasi sino all'orlo.
“Le
previsioni?” chiese il padre.
“Domani
ancora pioggia. E freddo”
“Quanto?”
“Come
oggi.”
Il
padre bestemmiò tra i denti, pensando al lavoro da fare, e che
non si sarebbe fatto. Alle
sue spalle la finestra cigolò sotto la furia del vento. I rami
degli alberi si spezzavano e cadevano, ingoiati dalla notte.
Il
figlio interruppe i suoi pensieri con una frase. Il padre ne percepì
il suono senza capirne il senso. Osservò suo figlio portarsi
il bicchiere alle labbra e bere a rapidi sorsi il liquore, per poi
posare delicatamente il bicchiere sul tavolo, stringendolo con le
mani, come a non farlo fuggire.
“Cosa
hai detto?” gli chiese.
“Ho
detto che finito il lavoro qui, io non torno a casa. Vado via.”
“Ma
tua madre...”
“Mi
trasferisco in città. E' meglio per tutti.”
Il padre si alzò dalla
sedia e andò ad osservare il tempo fuori dalla finestra. Le
foglie mulinavano nel vento come falene impazzite, con la pioggia che
inutilmente cercava di inchiodarle a terra. Un ramo colpì il
vetro con un tonfo secco. il padre sobbalzò indietro
coprendosi il volto. Il vetro non si ruppe, si incrinò,
disegnando la tela irregolare di un ragno, con al centro il ramo
spezzato incastrato. Rimase lì, ondeggiando, per una manciata
di secondi, quindi rotolò via, nel buio.
Aveva fame. Andò alla
dispensa e tirò fuori un pezzo di carne di manzo affumicato,
prese un coltello e la incise in profondità, scendendo sino a
quando la lama non toccò il tagliere. Una fetta cadde di lato.
L'uomo fisso quella carne adagiata sul piano della cucina, seguendo
con gli occhi i percorsi delle venature di grasso. Pose un grosso
tegame sul fuoco e ci adagiò la carne.
“Hai
fame?” chiese al figlio, senza voltarsi.
“Si”
il padre tagliò un altra
fetta e la pose dentro il tegame, mentre il figlio apparecchiava la
tavola con due piatti e le posate. Il padre portò la padella
in tavola e servì la carne, si sedette e iniziò a
tagliarla con calma.
“Dove
andrai a stare?” disse, con gli occhi puntati sul coltello e sulla
forchetta.
“Per
un po' andrò a vivere a casa di Steven, poi vedrò di
sistemarmi”
Il padre tagliò un pezzo di
carne, lo portò alla bocca e iniziò a masticare
lentamente. Era buona. Lui e suo figlio avevano macellato insieme il
manzo, pochi giorni prima. Un lavoro duro, eseguito dopo una giornata
a spaccarsi la schiena con l'accetta a tirare giù alberi.
Eppure il suo ragazzo non si era lamentato. Non lo faceva mai.
“Steven
non è un tuo amico, vero?”domandò.
Il figlio guardò il padre
negli occhi: “No, papà, non è solo un mio amico.”
rispose.
Il padre annuì, quindi
ripresero a mangiare. In tavola mancava il vino, il padre si alzò
e andò a recuperare la bottiglia in dispensa. Tornò
indietro, appoggiò una mano sulle spalle del figlio dandogli
una leggera pacca, si sedette e versò da bere a tutti e due.
LEGGI LA VERSIONE ALTERNATIVA
http://fondazionerosewater.blogspot.it/2013/02/rami-spezzati-versione-alternativa.html
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E' un racconto che mi commuove proprio per la pacatezza di questo padre, un uomo semplice, rude, di poche parole, eppure capace di comunicare con i gesti un grande amore e un totale rispetto per suo figlio, quali che siano le sue scelte. Bello come è scritto, bello il messaggio che porta, bello lo stile scarno che rende il contenuto ancora più intenso e graffiante. Bravo!!!
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