Avendo
le mani occupate dalla legna, Salvatore aprì la porta del
rifugio con una testata. Andò a gettare i ceppi legna nel
camino acceso, quindi si spogliò dagli indumenti zuppi
d'acqua, rimanendo in maglietta e mutande. Rimase davanti al fuoco
un paio di minuti grattandosi rumorosamente i coglioni, quindi si
avvicinò al tavolo al centro della stanza, lasciandosi cadere
sulla sedia.
Suo
figlio Pasquale, seduto di fronte a lui gli porse un bicchiere colmo
di Amaro Averna.
Salvatore
si calò l'amaro in un colpo, quindi posò il bicchiere
sul tavolo.
Pasquale
gli versò un altro bicchiere. Salvatore lo bevve subito. Il
figlio gliene versò un'altra razione. Salvatore lo bevve. Il
figlio riempì nuovamente il bicchiere.
“ Hai
finito di versarmi questo minchia d'amaro?” sbottò il padre.
“Pensavo
ne volessi ancora”
“Che
cazzo, ogni volta che lo bevo tu me lo riversi!”
“Scusa”
“Neanche
mi piace questa porcheria.”
“Scusa,
io mi credevo...”
“Amaro
Averna del cazzo.”
“ Mi
dispiace”
“Lascia
perdere” disse Salvatore. “Che tempo danno domani?” chiese al
figlio.
“Pioggia
a catinelle”
Salvatore
bestemmiò, tirando un pugno sul tavolo così forte che
il tavolo si impennò, colpendo il figlio sotto il mento.
Pasquale cadde dalla sedia con un tonfo orribile. La bottiglia e i
bicchieri volarono dietro le spalle di Salvatore infrangendosi contro
il muro.
“E
stai un po' attento!” disse il padre, quindi si
alzò e andò a osservare il tempo fuori dalla finestra.
Vento e pioggia, una tempesta con i fiocchi. Vide un ramo spezzarsi e
volare lontano. Una gallina piombò sul vetro, schiantandosi.
Il becco si era impiantato nello stipite come una freccetta.
L'animale agitò un po' le ali , quindi smise di muoversi. Un
uovo gli scivolò fuori dal culo.
Sti
cazzi.” Meditò Salvatore, quindi aprì la finestra e
recuperò la gallina e l'uovo. Stava già immaginando il
pollo allo spiedo quando il figlio interruppe i suoi pensieri con una
frase.
“Che
hai detto?” Chiese.
“Pasquale
aveva recuperato un altra bottiglia di amaro Averna e, seduto al
tavolo se ne stava versano un bicchiere raso.
“Ho
detto che finito questo lavoro, io non torno a casa. Vado via.”
disse, quindi bevve tutto d'un fiato l'amaro. Salvatore aveva una
gran voglia di grattarsi i testicoli, ma aveva le mani occupate dalla
gallina e dall'uovo, e rimase impalato dinanzi al figlio.
“Cosa
dirà tua madre?” disse alla fine.
“Papà,
la mamma è morta da due anni.”
“Non
essere pignolo adesso!” disse Salvatore, rosso in viso. L'uovo gli
esplose in mano. Andò alla dispensa, prese un coltello e con
un colpo secco staccò la testa alla gallina, quindi iniziò
a spennarla furiosamente. Le penne volavano in tutta la stanza.
“E
dove andrai a stare?” disse, dando le spalle al figlio.
“Per
un po' andrò a casa di Beppe, poi vedrò.”
“Beppe,
quello che non gli piacciono le femmine?”
“Si,
Beppe.”
“Ma...”
disse Salvatore quindi si voltò a guardare il figlio. Ora
capiva i dischi di Barbara Streisand, la passione per la danza
classica, quelle ore passate a guardare Benedetta Parodi, le ciglia
finte lasciate in giro nel bagno, e quei due muratori bergamaschi
trovati in camera del figlio nudi a saltellare sul letto con le
cazzuole e secchielli e casco antinfortunistica, mentre Pasquale
ballava sulle punte.“Altro che
preventivo per una ristrutturazione”meditò. Stette un po' li
a rimuginare, grattandosi tranquillamente i coglioni.
“Ma
,allora sei finocchio!” Disse.
Il
figlio annuì, abbassando lo sguardo.
“E
potevi dirlo prima, che cazzo! Io chissà che mi credevo,
pensavo fossi solo rincoglionito. Versami un bicchiere di amaro
Averna, và, che poi ci mangiamo il pollo.”
QUA TROVI LA VERSIONE ALTERNATIVA DI QUESTO RACCONTO
http://fondazionerosewater.blogspot.it/2013/02/rami-spezzati.html
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