"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater
domenica 29 aprile 2012
lunedì 23 aprile 2012
L'ospite inatteso
Si mosse con lentezza e circospezione, ma riuscì a entrare. Nessuno lo vide. E' probabile che la sua intenzione fosse quella di utilizzare quell'ambiente come una sistemazione temporanea, da cambiare quanto prima, sebbene fosse sicuro che là lo avrebbero lasciato in pace. Di certo credeva che là nessuno si sarebbe accorto della sua presenza. Su questo il tempo gli avrebbe dato ragione.
Lo spazio che aveva scelto dove sistemarsi era ampio, comodo e fornito di tutto quello che gli sarebbe servito. Non era molto luminoso, ma lui aveva imparato a muoversi e sopravvivere anche al buio.
Noi non sappiamo per quanto tempo vivette in quella casa, ma possiamo immaginare il tuffo al cuore e il panico che lo colse quanto sentì le pareti scosse da quello che sembrava un terremoto. Dapprima una scossa fortissima che sembrò sollevarlo da terra e poi tutta una serie di altri smottamenti, più deboli rispetto al primo ma comunque di notevole intensità, che lo sballottavano a destra e a sinistra.
Tremante, invece di uscire dal suo riparo si fece piccolo e si rintanò in un angolo. Rimase incollato là per una decina di minuti, il tempo che durarono queste prime scosse.
Tornata la quiete, valutò lo stato del suo alloggio temporaneo. Le pareti aveva tenuto e sembravano integre, così come la volta del soffitto. Questa costatazione fece si che quando un paio d'ore più tardi si verificarono nuovi smottamenti il suo stato d'animo fosse più rilassato e lui non sentisse il bisogno di incollarsi nuovamente alle pareti. Segui un forte boato che però non lo preoccupò, essendo abituato a suoni e rumori altrettanto forti, sebbene di natura diversa. Poi tornò la quiete, accompagnata dalla sensazione di essere cullato e da piccoli brividi lungo il corpo. Così s'addormentò.
Quando Elisa aprì lo zaino un terribile odore di pesce invase la stanza. Quasi senza pensarci afferrò il sacchetto dove aveva ritirato le conchiglie raccolte sull'oceano, lo portò in bagno e rovesciò il contenuto nel lavandino. Esamino i gusci uno per uno, e agitando il più grande senti che all'interno qualcosa si muoveva. Capovolse la conchiglia e dall'apertura scivolò fuori il corpo inerme di un piccolo paguro. All'occhio della ragazza resto incollata una lacrima, indecisa su da farsi.
L'assicurazione
Aveva in tasca un biglietto e non sapeva che cazzo fare.
La notte prima aveva nevicato. Su Main-Street soffiava un vento gelido, quello che era solito annunciare che presto sarebbe arrivato l'inverno. Sui marciapiedi pochi impavidi sfidavano il freddo di quella mattinata. Dall'altra parte della strada i vetri riflettevano il grigio del cielo.
Long Joe gli aveva infilato il pezzo di carta nella giacca la sera prima da Sal, il bar dall'altra parte del fiume. Gli aveva detto che quello sarebbe stato il modo più rapido e facile di saldare il prestito.
Certo che era stato un bello stronzo. Quando si era rimesso con Mary Ann gli aveva promesso che si sarebbe tenuto lontano dalle scommesse e dai guai, ma ovunque si girasse sembrava che non ci fosse modo di ritrovarsi faccia a faccia col suo abisso. E il suo abisso si faceva sempre più ampio. Proprio come il suo debito.
Già il suo debito. Lo tenevano per le palle e gliele stavano strizzando per bene, non ce che dire. Sapevano che era malato per il gioco e lo avevano lasciato fare; così lui si era cotto da solo a puntino ed ora era pronto per essere mangiato. Aveva cominciato coi cavalli, poi era stato il momento del football, poi il basket e poi tutto il resto. Non si ricordava nemmeno più tutte le cose su cui aveva scommesso. Forse anche sul campionato di freccette. Ora per loro era il momento di riscuotere, ma erano stati comprensivi. Comprensivi come scorpioni.
Gli avevano fatto capire che avrebbe potuto ripagarli, prendendosi una pausa dalla sua buona condotta e ritornare per qualche ora alla sua vecchia vita; che voleva dire entrare coi fucili spianati in una farmacia all'ingrosso, sistemare per bene i dipendenti e arraffare tutti i soldi e i medicinali.
Aveva promesso a Mary Ann di smettere ma quel biglietto gli diceva il contrario. Su quel biglietto c'era l'assicurazione di Long Joe e dei suoi amici. Sul biglietto ripiegato nella sua tasca, la foto del viso livido ed emaciato della sua donna lo inchiodava all'abisso.
Caricò il fucile a canne mozze, lo nascose nel giubbotto e scese dall'auto. A grandi falcate raggiunse l'edificio e ci entrò. Un volta dentro con il braccio libero chiuse la porta.
sabato 21 aprile 2012
Il cane con il fiore in bocca
Il fratello ingombrante
"Si ma è l'ultima volta hai capito?!"Sono stufo ok? hai capito cretino?"
"Ma si va bene, dai non rompermi le scatole che ho voglia di dormire".
Luca e Pietro sono due fratelli gemelli, la madre non se ne aspettava due di figli, ma l’ecografia non c’era ancora.
Quando arrivarono in ospedale era pronta per la sala parto, non c'era d'aspettare neppure un minuto.
L'ultima che avevano pensato e che credevano fosse un'idea geniale, era quella di avere un posto di lavoro condiviso, anche se lo stipendio era scarso , perché era fratto due.
Pietro si rimise a dormire profondamente.
Quella mattina Luca esce dal portone e sente l’aria tiepida che lo accarezza e l’arrabbiatura passa, l'umore sale, allora entra nel box, spolvera bene la sua Honda nera si siede e sente il motore che ancora è ruggente.
Caaaa..zo pensa Luca! Non vuole investirlo ma non vuole neppure cadere o schiantarsi contro la macchina che sta arrivando dall'altra parte..così istintivamente suona il clacson ma non cambia nulla, il cane è come paralizzato.Sterza con forza, lo evita ma sbatte contro il marciapiede; per effetto dell’urto sbalza giù dalla moto e cade. Si rialza pensando che era andata benone, ma si accorge subito che le lenti sono cadute per terra e lui non è in grado di recuperarle.
Entra in negozio camminando con un passo lentissimo, cercando di non urtare oggetti piccoli che non avrebbe mai visto; e questa insicurezza lo fa sentire fragile come non gli era mai successo.
Nel negozio ha lasciato un clima di confusione..ma ce n’è tanta è anche nella sua testa.
venerdì 20 aprile 2012
Vedevo scorrere le diapositive dei nostri incontri,dei nostri momenti più intimi, del tempo che passavamo insieme.
Una piccola pausa e..
Mi abbandonavo al destino di un caos di sensi e io mi confondevo in un vortice che univa i nostri corpi.
Mi confondevo ..in felicità,in amore.