Ti spiego un istante.Mi chiedi stai bene.
Fallo lentamente. Annoda le parole alle mie dita lunghe, stringi i miei polsi e guarda le gambe sottili. Son ferme a riposare, reduci da corse già concluse. Fredde, ad aspettare cartine geografiche di un Nord ancora sconosciuto.Il tempo si arrotola piano, poi corre, sulle discese sassose dei miei istinti.Gli istinti miei che risalgono, spinti da una nuova corrente. Vento tiepido a posarsi sul mio corpo.
Le gambe tue pure fredde. Immobili, ad aspettare nuovi orizzonti. Di un Sud immaginario, teatro di scene mai viste.
Ti spiego un istante.
Mi chiedi stai bene.
Lenzuola stese ad aspettare il sole, in un inizio d'inverno che è ancora caldo nell'accorciarsi dell'ombra del mezzogiorno. La voce tua che pure vibra tra note che di passione. Gli occhi miei.Lentamente. Lega i miei capelli ai tuoi, di nodi inconsistenti. Districa le ore trascorse. E con le dita, con le dita disegna profili sulla mia schiena. Profili del tempo trascorso, gettato via, morto e risorto. Con le dita percorri il mio viso. E sotto gli occhi poi fermati. Ché sulle gote sembri, oppure diventi, goccia e riflesso di me. E le mie gote divengono, oppure appaiono solo, traccia di te.
Ti descrivo un odore. Mi dici che è buono. Mi tocchi le braccia. Guardi le mani. Scivoli piano. S’annoda il pensiero. Mi scopri le spalle. Un ritaglio di tempo. Una scritta in greco, un tatuaggio nascosto. Lenzuola già asciutte. Un viaggio che dura una notte. Una notte in un viaggio. Le dita tue che somigliano a mille matite.
Ti spiego sto bene.
Mi chiedi un istante.
E il disegno di te sulla pelle.
"Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi... " Eliot Rosewater
Francesca...che dire..La tua scrittura è' elegante, raffinata, sinuosa, evocativa, è pregna della conoscenza dei classici, coi loro ritmi e quella costruzione del periodo ormai dimenticata. E' antica, è da leggere e rileggere perchè ad ogni lettura le parole si svelano timidamente e con garbo mostrano tutta la loro potenza. Bravissima Francesca, una poesia.
RispondiEliminaFulvia
Racconto che evoca un'intimità straordinaria, un bene preziosissimo nella nostra vita.
RispondiEliminaGrazie è un regalo poter leggere così belle parole.
Manu
Ottima.
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