CAMICIE
Tutto
cominciò qualche anno fa, per via di una camicia che andai a
comprare alla Rinascente. Lì conobbi Laura, sorriso caldo,
scollatura profonda, parlantina sciolta. Cominciai ad acquistare una
camicia dopo l’altra: collo alla francese, alla coreana, button
down, slim fit, normal fit, polsino doppio, polsino semplice, tessuto
Oxford, cotone doppio ritorto… ne avevo l’armadio pieno. E
naturalmente avevo una nuova fidanzata, Laura, che sin dall’inizio,
addocchiato il mio portafoglio, aveva deciso di non vendermi solo un
autotreno di camicie, ma anche se’ stessa.
Non
ci impiegai molto per capire che, da brava venditrice, il buon affare
lo aveva fatto lei. Tempo due anni da che ci fummo sposati e si
rivelò per quello che era: una terribile rompicoglioni.
Nel
frattempo, però, ipnotizzato da quella scollatura e da un culo cui
mancava solo la parola per essere più convincente, le avevo
intestato tutto: conto in banca, immobili, quote azionarie.
Scoprii
così che ci si abitua più facilmente ad una moglie rompicoglioni
che all’idea di diventare poveri.
Per
qualche anno instaurammo al classica routine un po‘ ipocrita delle
coppie che convivono sopportandosi, per abitudine. Poi tutto finì,
sempre per via di una camicia.
Ricordo
che stavo cenando (vorrei dire che mangiavo un uovo in camicia, ma
l’universo non è così attento ai dettagli) quando lei arrivò
sbraitando e sventolando una mia camicia, con la classica macchia di
rossetto sul collo.
Protestai,
negai tutto, negai l’evidenza, con un’intensità che derivava
soprattutto dall’idea del mio portafoglio titoli che mi salutava
per sempre. Dovetti risultare convincente mentre urlavo che era
assurdo, perché alla fine mi credette. Ed era davvero assurdo: le
labbra della mia segretaria si erano sempre fermate ben più in basso
del mio collo!
Però,
se una moglie rompicoglioni si può ancora sopportare, una
rompicoglioni, paranoica, gelosa e che per giunta ti tiene per le
palle, proprio no.
Questo
ci porta qui, cara Laura, a questa fantastica vacanza lontano da
tutto e da tutti che avevo programmato da tempo. Che notte
meravigliosa! Il motoscafo che si ferma tra le onde, cullati dal
mare, le stelle che brillano in questo cielo senza luna, nessuno in
vista per chilometri. Ti piace? Perché non rispondi? Forse perché
sei chiusa in quel sacco di plastica, con la testa fracassata e
l’ancora legata intorno? Va bene, allora è inutile discutere.
La
prendo, la sollevo (il culo è ancora bello sodo) e le dico addio
facendola scivolare nell’acqua scura.
Che
peccato, che spreco!
Sì,
perché in quel sacco nero, sporca di sangue, ci ho dovuto mettere
anche la mia camicia preferita.