Il
signor Arthur era un uomo facilmente dimenticabile, simile a migliaia
di altri uomini ugualmente dimenticabili. Nascondeva però due
bizzarri particolari che lo differenziavano notevolmente dagli altri
esseri umani. Il primo particolare era celato sotto un elaborato
riporto, che partendo dalla sommità del capo attraversava
tutto il cranio, passava sulla fronte sino ad adagiarsi untuosamente
sull'orecchio sinistro.
Il
suo orecchio sinistro era grande tre volte l'orecchio destro.
In
gioventù il signor Arthur aveva sofferto molto a causa di
quell'orecchio, oggetto di scherno da parte di molte persone. Poi,
fortunatamente l'America era entrata in guerra, molti giovani si
erano fatti crescere i capelli come segno di protesta contro
il Vietnam, e lui ne aveva approfittato per nascondere l'orecchio
dietro una folta capigliatura.
Arthur
non aveva la minima idea politica su quella guerra.
In effetti Arthur non
aveva un opinione su moltissime questioni.
Questo
perchè Artur era un idiota, con un quoziente di intelligenza
di poco superiore a quello di un procione. Nonostante ciò era
molto più intelligente dei suoi genitori, due ferventi
cattolici dall'aria costantemente contrita, tipica di chi soffre di
gonorrea.
I
genitori di Artur però non soffrivano di gonorrea. Avevano
quell'espressione dalla nascita del loro unico figlio e dei suoi due
bizzarri particolari. Non riuscivano a capacitarsi del perchè
il Signore avesse fatto questo a loro.
Dopo
molte preghiere, alla fine avevano trovato la risposta, almeno per
quello che riguardava l'orecchio: quello, in realtà, era un
radar capace di intercettare la voce di Dio.
Sull'altra
questione, preferivano non discuterne.
Il
giovane Arthur, mentre i
suoi coetanei manifestavano in strada, oppure partivano per la
guerra, passò gran parte del suo tempo seduto nel soggiorno di
casa, con la testa leggermente reclinata verso destra, in modo da
agevolare la ricezione della parola del Signore, con i genitori
seduti di fronte a lui, in trepida e ostinata attesa.
Passarono
gli anni, terminò la guerra, il giovane Arturo aspettò
un segnale.
Ma
Dio rimase in silenzio.
Al
compimento del suo venticinquesimo compleanno i suoi genitori
uscirono di casa e salirono sulla macchina, decisi a regalare al
loro unico figlio uno stupendo crocefisso in noce massello finemente
cesellato. Lasciarono Arthur
seduto in soggiorno. Suo padre non fece in tempo a girare la
chiave dell'accensione che le radici di un enorme pino cedettero,
l'albero si staccò dal suolo schiantandosi sulla vettura. I
due perirono sul colpo.
Arthur
osservò tutta la scena dalla finestra del soggiorno.
Non
ricevette da Dio neppure le condoglianze.
Subito
dopo il funerale Arthur
decise che non era il caso di insistere con la storia del radar e che
forse poteva cercare di trarre vantaggio dall'altro suo bizzarro
particolare, quello che i suoi genitori avevano sempre finto di non
notare. Era un uomo calvo col riporto, basso, stupido, e molto
brutto.
Ciò
nonostante decise che voleva fare l'attore.
La
prima e unica audizione si tenne in un'anonima stanzina di uno studio
cinematografico, colma di gente. Arthur
aspettò diligentemente il suo turno, compostamente
seduto con le mani sulle ginocchia. Di fronte a lui sedevano una
formosa ragazza pesantemente truccata, e un giovane abbronzato che
pareva pronto per andare in discoteca. I due lo guardarono, e si
bisbigliarono all'orecchio qualche cosa sotto voce. Risero.
Sembravano molto intimi. In realtà non si erano mai visti
prima di quel pomeriggio. Arthur,
imbarazzato, reclinò leggermente la testa verso destra, in un
gesto inconscio. Una improvvisa folata di vento issò in aria
il riporto, come una bandiera sventolante, scoprendo l'enorme
orecchio. La donna scoppiò in una risata sguaiata, seguita dal
suo vicino, e a ruota, da tutte le persone in sala.
Arthur
ebbe la tentazione di alzarsi e andarsene, ma resistette, si
sistemò i pochi capelli e finse di addormentarsi.
Alla
fine giunse il suo turno. Fu fatto accomodare in una stanza dove una
signorina visibilmente annoiata stava leggendo dei fogli. La donna
alzò lo sguardo, diede una rapida occhiata ad Arthur
e sbuffò. Non era quello che stavano cercando. Giusto per
scrupolo professionale chiese a quell'uomo ridicolo di spogliarsi.
Arthur
si calò i pantaloni goffamente, mostrando alla donna la sua
maggior virtù, e il suo secondo e incofessato particolare: un
pene dalle dimensioni enormi.
La
donna si portò le mani alla bocca, soffocando un urlo di
meraviglia.
“Ma
è vero?” chiese alla fine.
Arthur
fece cenno di si con la testa. La donna si tamponò la
fronte sudata con un fazzolettino, chiese all'uomo di non muoversi,
quindi uscì dalla stanza, percorse trafelata un breve
corridoio ed entrò senza bussare nell'ufficio del direttore.
L'uomo la fissò, stupito.
“Venga
a vedere!” disse la donna. I due uscirono dall'ufficio,
percorsero il corridoio ed entrarono nella stanza, dove Arthur
con i pantaloni calati sino alle ginocchia, aspettava, col poderoso
organo sessuale che gli penzolava tra le gambe.
Il
direttore scritturò immediatamente Arthur come protagonista
del film Super
maschio per donne viziose.
Sebbene la sua capacità recitativa fosse mediocre , Arthur
compensò questa carenza con una abnegazione totale per quel
lavoro, non risparmiandosi e dando tutto se stesso, per ore e ore.
Il
film ebbe grande successo. Arthuri n pochi anni divenne l'attore
porno più pagato al mondo, girando nella sua carriera più
di centocinquanta film, quasi tutti da protagonista.
Dopo
essersi sposato con la segretaria di produzione, decise di
abbandonare il mondo del cinema e dedicarsi alla commercializzazione
di un vibratore modellato sul calco del suo pene.
Il vibratore, ovviamente si
chiamava, e ancora si chiama, Arthur.
E'
il vibratore più venduto al mondo.
Il
signor Arthur, visse una lunga vita, felice e serena. Ebbe tre figli
splendidi, che gli dettero nipoti altrettanto splendidi, e mediamente
intelligenti. Giunto ad una ragguardevole età, sul letto di
morte, attorniato dai suoi cari, sapendo che stava per andarsene,
Arthur piegò leggermente la testa, porgendo il suo enorme
orecchio sinistro verso il cielo.
Dio,
anche questa volta, non mandò nessun messaggio.
“Pazienza”
mormorò Arthur, e con un sorriso sulle labbra,
morì.